La sospensione della licenza per sette giorni inflitta al Caffè Ripamonti, situato in via Giuseppe Ripamonti 190 a Milano, rappresenta un atto amministrativo significativo nell’ambito di un’azione più ampia di controllo e prevenzione della criminalità che investe il tessuto urbano milanese.
La decisione, presa dal Questore Bruno Megale, non è un episodio isolato, bensì il culmine di una serie di verifiche e segnalazioni che hanno evidenziato una crescente preoccupazione per la sicurezza e la vivibilità del quartiere.
L’attività di monitoraggio, protrattasi tra marzo e settembre dell’anno precedente, ha rivelato una persistente affluenza di soggetti con precedenti penali eterogenei, coprendo una vasta gamma di reati: traffico di stupefacenti, reati contro il patrimonio, aggressioni personali, maltrattamenti domestici, tentativi di omicidio, reati contro la pubblica amministrazione e violazioni in materia di immigrazione.
Questo quadro, lungi dall’essere indicativo di un mero problema di ordine pubblico occasionale, suggerisce una potenziale trasformazione del locale in un punto di convergenza per individui a rischio e un potenziale focolaio di attività illegali.
L’arresto, avvenuto il 6 agosto scorso, di un avventore destinatario di un provvedimento di espulsione dal territorio nazionale, emesso dal Prefetto di Milano, agisce da ulteriore elemento di gravità e conferma la necessità di un intervento deciso da parte delle autorità.
Questo episodio, unito alle denunce formali presentate dai residenti, esprime un chiaro sentimento di insicurezza e un deterioramento tangibile della qualità della vita nel quartiere, portando alla segnalazione di una situazione di “invivibilità” e “degrado”.
La vicenda del Caffè Ripamonti non può essere considerata un evento nuovo.
La storia del locale è segnata da una precedente sospensione della licenza, per ben quindici giorni, proprio a causa di problematiche analoghe, risalente alla gestione precedente.
Questo elemento storico sottolinea una persistenza del problema, suggerendo una difficoltà strutturale nell’assicurare il rispetto delle norme e la sicurezza nell’ambito del locale.
La decisione attuale, pertanto, si configura come un tentativo di porre freno a un circolo vizioso e ripristinare un ambiente sicuro e vivibile per la comunità.
La sospensione, dunque, è un segnale forte, volto a ristabilire l’equilibrio e a rafforzare la deterrenza nei confronti di comportamenti che mettono a rischio la sicurezza pubblica.
Parallelamente, solleva interrogativi più ampi sulla gestione dei locali pubblici, sulla necessità di un controllo più rigoroso e sulla responsabilità collettiva nel garantire un ambiente urbano sicuro e rispettoso della legalità.
La vicenda del Caffè Ripamonti diventa così un caso emblematico, simbolo della complessa sfida che la città di Milano affronta per preservare la sua identità e la qualità della vita dei suoi cittadini.









