Il tribunale di Varese ha emesso una sentenza di condanna significativa per due carabinieri coinvolti in una vicenda complessa e inquietante, che getta luce su dinamiche oscure legate alla gestione della criminalità organizzata e alla possibile compromissione di figure istituzionali. I militari, rispettivamente condannati a dieci anni e otto mesi e a otto anni e otto mesi di reclusione, sono stati giudicati colpevoli di tentato omicidio, sequestro di persona, porto abusivo d’arma e rapina aggravata, in relazione a un episodio verificatosi nella notte tra il 5 e il 6 luglio 2024 a Castiglione Olona.La decisione, pronunciata dal giudice unico del tribunale, Niccolò Bernardi, segna una battuta d’arresto per le carriere dei due militari, precedentemente impiegati rispettivamente presso la compagnia di Luino e la stazione di Malnate. L’accusa, sostenuta dai pubblici ministeri Lorenzo Dalla Palma e Marialina Contaldo, aveva inizialmente richiesto pene più severe, undici anni e nove anni e sei mesi, a testimonianza della gravità percepita dei reati contestati. Le motivazioni dettagliate della sentenza saranno depositate entro novanta giorni, aprendo la strada a un probabile ricorso in appello da parte delle difese, che potranno contestare le conclusioni raggiunte dal giudice.Un terzo militare, coinvolto in un singolo episodio di rapina nei confronti dello stesso pusher, ha optato per il rito abbreviato, patteggiando una pena di quattro anni e sei mesi. La figura del pusher stesso, vittima dell’aggressione ma anche imputato per accuse di spaccio, ha ricevuto una pena di tre anni e otto mesi, riflettendo la sua posizione ambivalente nel processo.Il quadro che emerge dall’inchiesta, e confermato dalla sentenza, è quello di un sistema perverso in cui figure in divisa, invece di contrastare il traffico di droga, ne avrebbero sfruttato le dinamiche per fini illeciti, perpetrando rapine ai danni di spacciatori operanti nella zona del Varesotto. L’azione dei carabinieri, secondo quanto sostenuto dall’accusa, si sarebbe configurata come un’inversione dei ruoli, un’aberrazione che ha minato la fiducia nelle istituzioni e ha esposto a rischio la sicurezza della comunità.Un ulteriore tassello di questa intricata vicenda è rappresentato dalla donna, la quale aveva avuto contatti con la famiglia del pusher nel tentativo di fornire assistenza, e che è stata rinviata a giudizio con l’accusa di favoreggiamento. L’udienza è stata fissata per il 6 novembre, e il suo coinvolgimento potrebbe svelare ulteriori dettagli sulle dinamiche intercorse tra i diversi attori coinvolti. La vicenda solleva interrogativi profondi sulla gestione delle risorse giudiziarie, sulla responsabilità individuale e collettiva, e sull’urgenza di una seria riflessione sul rapporto tra istituzioni e cittadinanza.
Carabinieri, sentenza shock: coinvolti in traffici oscuri e rapine.
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