La canonizzazione di Carlo Acutis, prevista per domenica prossima, rappresenta un evento di profonda rilevanza per la Chiesa cattolica e un fenomeno culturale in grado di interrogare la spiritualità contemporanea.
Antonia Salzano Acutis, madre di Carlo e testimone privilegiata del suo percorso, descrive la sua figura come strumento divino, un catalizzatore inatteso che ha stimolato un rinnovato interesse per la fede, spingendo molti a riscoprire la liturgia e il senso della comunità ecclesiale.
La madre, nel suo libro “Spiritual Insight”, dedica ampio spazio alla riflessione su questo impatto straordinario, un “mistero insondabile” che la lascia ancora oggi profondamente colpita.
Carlo Acutis, definito da alcuni come “influencer di Dio,” ha saputo comunicare un messaggio di fede in un linguaggio accessibile alle nuove generazioni, sfruttando le tecnologie digitali, ma sempre con la consapevolezza dei loro limiti e del pericolo di una disumanizzazione.
La sua visione dell’innovazione tecnologica non era di rifiuto o di cieca accettazione, bensì di integrazione ponderata.
Carlo vedeva nelle piattaforme digitali delle potenzialità comunicative preziose, strumenti capaci di amplificare la voce della fede e di creare ponti tra le persone.
Tuttavia, la sua saggezza lo portava a sottolineare l’importanza di non sacrificare l’autentico contatto umano sull’altare della connessione virtuale.
Antonia Salzano Acutis, con lucidità e affetto materno, invita i giovani a riscoprire il valore dello sguardo, del contatto fisico, dell’empatia.
Suggerisce una pausa, una disconnessione intenzionale dai dispositivi digitali per favorire la riscoperta del “calore dell’amicizia”, quel nucleo di fraternità che infonde dignità e unicità ad ogni esistenza.
Non si tratta di demonizzare la tecnologia, ma di recuperare un equilibrio, di integrare l’intelligenza artificiale con l’intelligenza emotiva, di utilizzare le innovazioni per coltivare relazioni autentiche e significative, e per rafforzare il tessuto sociale.
La figura di Carlo Acutis, quindi, si rivela non solo un modello di santità millennial, ma anche un invito urgente a una riflessione sulla condizione umana nell’era digitale, un monito a non perdere di vista ciò che rende veramente degna e unica l’esperienza di vivere.