Un’operazione giudiziaria di ampio respiro ha disvelato un sofisticato network criminale transnazionale, focalizzato sul traffico internazionale di cocaina, con radici profonde sia in Sud America che in Europa.
L’inchiesta, condotta congiuntamente dalla DDA di Milano, dai finanzieri del Comando Provinciale e dal Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza, ha portato all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare che ha colpito quindici individui, tra carcerazione e arresti domiciliari, presunti membri di un’associazione armata riconducibile alla ‘ndrangheta della Locride.
Il cuore dell’attività criminale si è manifestato come una convergenza strategica tra cosche calabresi e un clan camorrista operante nell’orbita dei Di Lauro a Napoli, un’alleanza che ha consentito il movimento di ingenti quantitativi di cocaina, quantificabili in oltre diciotto milioni di euro in poco più di un anno.
L’indagine ha svelato una struttura organizzativa complessa, caratterizzata dall’utilizzo di tecnologie avanzate per la comunicazione e dalla capacità di operare in diversi continenti.
La rete criminale, attiva tra la Lombardia e la Calabria, si avvaleva di canali di comunicazione crittografati di ultima generazione per coordinare le operazioni, stringendo accordi diretti con consorterie criminali campane e albanesi.
Queste collaborazioni hanno permesso di ampliare la portata del traffico, estendendo le ramificazioni a Nord Europa e Sud America, configurando un vero e proprio impero illecito.
L’importanza cruciale dell’operazione risiede nell’acquisizione di una vasta mole di dati, ottenuta grazie alla collaborazione internazionale tramite Europol e l’Ordine Europeo d’Indagine.
Queste conversazioni, precedentemente inaccessibili, sono state meticolosamente decodificate e analizzate, rivelando dettagli cruciali sulle modalità di importazione della droga e sui meccanismi di pagamento utilizzati.
In particolare, è emerso l’impiego del sistema di trasferimento di valore informale noto come “fei ch’ien”, un sofisticato metodo per eludere i controlli finanziari e riciclare i proventi illeciti.
L’organizzazione criminale dimostrava una notevole capacità di infiltrazione nei canali di distribuzione, riuscendo a recapitare consistenti quantità di droga nelle principali piazze di spaccio lombarde, per poi reinvestire i capitali sporchi in attività internazionali, ampliando ulteriormente la propria influenza e consolidando un modello di business criminale transcontinentale.
L’inchiesta non solo ha colpito duramente un’importante cellula criminale, ma ha anche evidenziato la crescente sofisticazione delle organizzazioni criminali, capaci di sfruttare le nuove tecnologie e le dinamiche globali per amplificare le proprie attività illecite.