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Confessione shock di Pazzali: il fondatore di Equalize nega la leadership.

Nell’ambito dell’indagine milanese che ha portato alla luce un complesso sistema di acquisizione e manipolazione di informazioni sensibili, Enrico Pazzali, fondatore dell’agenzia investigativa Equalize, ha fornito una dettagliata confessione agli inquirenti, in un interrogatorio durato oltre dieci ore.

La sua deposizione, resa necessaria dalla chiusura delle indagini e dall’imputazione di associazione a delinquere, rappresenta un tentativo di delineare una precisa distanza dalle attività illecite che hanno coinvolto la sua società e che lo vedono, secondo la Procura, come figura centrale.

Pazzali ha negato, con l’assistenza del suo avvocato Federico Cecconi, di essere a conoscenza degli accessi abusivi a banche dati strategiche, inclusi quelli relativi al Sistema di Interrogazione Dati (Sdi) delle forze dell’ordine.
Secondo la sua versione, l’esecuzione di queste operazioni era gestita autonomamente da Carmine Gallo, ex agente di polizia con competenze specialistiche, e Nunzio Samuele Calamucci, esperto informatico, entrambi scomparsi e mai resi disponibili per chiarimenti diretti.
Questa ricostruzione si pone come elemento cruciale per smontare la presunta leadership di Pazzali nell’organizzazione criminale.

La difesa di Pazzali si concentra sulla natura legale del business di Equalize, focalizzato sulla gestione della reputazione e sulla raccolta di informazioni pubbliche, in linea con il consenso dei clienti.

Si sostiene che non vi furono mai richieste specifiche di reportage illegali, e men che meno riguardanti personalità politiche di spicco come Ignazio La Russa e Daniela Santanchè, i cui nomi sono comparsi negli atti dell’indagine.
La narrazione si propone quindi di differenziare la legittima attività di consulenza da quelle condotte in maniera subdola e in violazione della legge.

La complessità del caso risiede nella difficoltà di convalidare in maniera indipendente la versione di Pazzali, dato che i presunti esecutori materiali delle attività illegali non sono disponibili per confermare o smentire le sue dichiarazioni.
L’interrogatorio, richiesto dallo stesso imputato, offre una prospettiva interna al sistema, ma solleva interrogativi sulla reale portata della sua conoscenza e del suo controllo sulle operazioni.
Il Riesame ha precedentemente respinto la richiesta di custodia cautelare, pur confermando la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, suggerendo una valutazione sfumata della responsabilità di Pazzali, che ora necessita di ulteriori verifiche per accertare il grado di sua consapevolezza e responsabilità nel complesso quadro dell’indagine.

La vicenda pone quindi un punto cruciale sulla distinzione tra legittima attività di intelligence e manipolazione illegale di informazioni, con implicazioni significative per la tutela della privacy e la trasparenza delle istituzioni.

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