Un’ondata di sconcerto e indignazione ha travolto il panorama politico locale a seguito di un post sui social media diffuso da Emanuele Castelli, consigliere comunale di Rosasco, in provincia di Pavia.
Il comunicato, prontamente rimosso, proponeva una radicale revisione del ruolo e della stessa esistenza dell’Associazione Nazionale Partigiani Italiani (ANPI), arrivando a suggerirne la dissoluzione in tutti i comuni italiani.
Le dichiarazioni, accompagnate da accuse gravissime – l’affermazione che anche i partigiani avrebbero compiuto atti di tortura e violenza – hanno riacceso un dibattito delicato e complesso, sollevando interrogativi profondi sulla memoria storica, la responsabilità civile e la tenuta democratica del paese.
La risposta del comitato provinciale Anpi di Monza e Brianza non si è fatta attendere, ricordando il ruolo cruciale svolto dagli uomini e dalle donne che, con coraggio e sacrificio, si opposero al regime fascista e all’occupazione nazista, contribuendo a garantire le libertà e i valori su cui si fonda la Repubblica Italiana.
La marginalità politica di Castelli – 200 voti alle ultime elezioni a Muggiò e nessuna rappresentanza consiliare – non diminuisce la gravità delle sue affermazioni, che, nonostante la successiva disaffiliazione formale da Forza Italia (che si è affrettata a dissociarsi definendolo semplice simpatizzante), alimentano una pericolosa narrazione revisionista.
L’atteggiamento di Castelli, che si presenta come addetto alle vendite in una catena di supermercati, riflette una crescente tendenza a delegittimare le istituzioni e le associazioni che incarnano la memoria della Resistenza, accusandole di fomentare divisioni e di ostacolare il dialogo.
Questa critica, apparentemente orientata a promuovere una maggiore inclusione e comprensione, cela in realtà una strategia volta a sminuire il contributo dei partigiani e a legittimare una visione distorta della storia.
L’Osservatorio Democratico sulle Nuove Destre ha espresso forte preoccupazione, sollecitando le istituzioni a intervenire con fermezza, evitando di relegare tali dichiarazioni a semplici provocazioni.
La storia, con il suo giudizio definitivo, ci ha consegnato un quadro preciso delle atrocità commesse durante il regime fascista e della sua alleanza con il nazismo.
Rivedere questi fatti, insinuando colpe o attenuando le responsabilità, rappresenta un’offesa alla memoria delle vittime e un pericolo per la democrazia.
Anche Alleanza Verdi e Sinistra ha manifestato la propria indignazione, sottolineando come le affermazioni di Castelli non solo ledano l’onore dell’ANPI e dei partigiani, ma attacchino i valori costituzionali che sorreggono la Repubblica Italiana.
La Resistenza, infatti, non fu solo un evento storico, ma un processo di liberazione che ha contribuito a plasmare l’identità nazionale e a definire i principi fondamentali della Costituzione.
Rimettere in discussione questo patrimonio è un atto di profonda irresponsabilità.
L’episodio solleva, in definitiva, una questione più ampia: la necessità di una più ampia educazione civica e storica, capace di contrastare le narrazioni revisioniste e di promuovere una cultura della memoria basata sulla verità e sul rispetto dei valori democratici.
La difesa della Resistenza non è solo un dovere verso il passato, ma un investimento nel futuro.