La sentenza di assoluzione di Fabrizio Corona dall’accusa di tentata estorsione solleva interrogativi complessi sul ruolo della paura e della protezione legale in contesti mediatici e commerciali delicati.
Lungi dall’aver minacciato la divulgazione dei video in questione, come inizialmente sostenuto dall’accusa, Corona avrebbe espresso preoccupazione unicamente per la loro trasmissione all’autorità giudiziaria nel caso di un procedimento legale a suo carico, come chiaramente esposto nelle motivazioni della sentenza del Tribunale di Milano, redatte dal giudice Mario Morra.
La vicenda trae origine da una denuncia presentata nel 2021 da una donna, inizialmente interessata a collaborare con Corona per la promozione editoriale e pubblicitaria di un libro.
Secondo l’accusa, di fronte alle lamentele della donna riguardo al basso rendimento commerciale dell’opera, Corona avrebbe esercitato pressioni per impedirle di intraprendere azioni legali, minacciandola con la diffusione di filmati intimi.
Il cuore della decisione del giudice Morra risiede nell’analisi del diritto alla difesa e alla protezione da accuse infondate.
Come sottolinea la sentenza, di fronte alla prospettiva di una denuncia per un reato mai commesso, è legittimo per il presunto imputato adottare misure per neutralizzare tale azione illecita.
Questo principio si intreccia con una considerazione cruciale: l’affidabilità delle testimonianze.
Il processo ha rivelato elementi significativi che hanno minato la credibilità della donna, parte civile nel procedimento.
Le sue dichiarazioni si sono rivelate, in alcuni casi, non veritiere, e si è manifestato un tentativo di manipolazione probatoria, con la presentazione di documenti alterati per influenzare il giudizio del Tribunale.
Tale condotta, di per sé, impone la trasmissione degli atti alla Procura affinché possa valutare la sussistenza di eventuali reati connessi alla produzione e presentazione di prove false.
L’avvocato Ivano Chiesa, difensore di Corona, ha sottolineato come si tratti di un’ennesima assoluzione da accuse infondate, evidenziando che il giudice ha compreso la reale dinamica dei fatti: non c’è mai stata estorsione da parte di Corona, ma un tentativo di manipolazione da parte della presunta parte lesa.
La sentenza non solo assolve Fabrizio Corona dall’accusa di estorsione, ma solleva interrogativi più ampi sulla responsabilità dei professionisti del mondo dell’editoria e della pubblicità, sulla validità delle prove presentate in giudizio e sull’importanza di una valutazione attenta e critica delle testimonianze, specialmente in contesti mediatici particolarmente sensibili.
La vicenda pone l’accento sulla necessità di un equilibrio tra la tutela della privacy e il diritto di difesa, e sulla cruciale importanza di garantire un processo equo e imparziale.
