sabato 16 Agosto 2025
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Corvetto, Milano: Donna Arrestata per Omicidio del Compagno

La notte tra il 14 e il 15 agosto, un atto di violenza ha squarciato la quiete del quartiere Corvetto a Milano, in via Pomposa, culminando nell’arresto di Antonia Nunzia Mancini, una donna di 64 anni ora al centro di un’indagine per omicidio.
La vittima è Vincenzo Ferrigno, il suo compagno di una relazione lunga quattro decenni, un uomo di 73 anni già provato da una grave patologia post-ictus che lo relegava in condizioni di profonda fragilità.
L’azione di Mancini si è manifestata in una sequenza di gesti macabri, inizialmente con l’aggressione fisica attraverso fendenti inflitti con un coltello, ferite che, seppur non immediatamente letali, hanno segnato l’inizio di una drammatica escalation.

A ciò è seguito un soffocamento, compiuto con un cuscino, che ha posto fine alla vita di Ferrigno.

Paradossalmente, è stata la stessa Mancini a segnalare l’accaduto alle forze dell’ordine, confessando di aver commesso il gesto.

L’ipotesi investigativa più accreditata, confermata dalle sue stesse ammissioni, fa risalire il movente all’intollerabile sofferenza derivante dalle condizioni di salute del compagno.

L’ictus aveva profondamente alterato la vita di Ferrigno, riducendone drasticamente l’autonomia e costringendolo a una condizione di dipendenza.

Si ipotizza che la donna, forse sopraffatta dal peso della responsabilità assistenziale, dalle difficoltà emotive legate alla progressiva perdita dell’uomo che amava, e dalle potenziali implicazioni economiche derivanti dalla sua malattia, abbia agito in un momento di profondo smarrimento, spinta da un mix complesso di compassione distorta e disperazione.

L’episodio solleva interrogativi dolorosi sulle dinamiche delle relazioni di lunga durata, sul ruolo dell’assistenza ai malati cronici e sulle conseguenze psicologiche che possono derivare da un carico di cura protratto nel tempo.

La vicenda si pone come un tragico esempio di come la sofferenza, sia fisica che emotiva, possa condurre a gesti estremi, e impone una riflessione più ampia sulla necessità di supportare non solo i malati, ma anche i caregiver, spesso invisibili e gravati da un fardello immenso, che rischia di compromettere la loro stessa salute mentale e fisica.
L’indagine è in corso per ricostruire con precisione la dinamica dei fatti e accertare le motivazioni alla base di questo gesto irreparabile.

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