mercoledì, 25 Giugno 2025
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Diffide Culla: Scontro tra genitori, medici e giustizia.

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La recente ondata di “Diffide Culla”, elaborate dall’avvocata Camilla Signorini e inviate a strutture ospedaliere in tutta Italia, ha acceso un acceso dibattito etico e legale riguardante l’autonomia genitoriale e le pratiche mediche neonatali. Queste diffide, formulate per conto di coppie in attesa, si pongono come un baluardo contro procedure mediche che i genitori percepiscono come invasive o non consensuali, delineando un perimetro di tutela legale che include il rifiuto dell’uso di mascherine per la madre durante il parto, l’obiezione alla conservazione di campioni biologici (sangue e DNA) del neonato e la richiesta di consenso esplicito, documentato, per qualsiasi intervento vaccinale o test diagnostico. Le sanzioni previste in caso di dissenso, fino a 100.000 euro, riflettono la crescente sensibilità verso i diritti dei genitori nella gestione della salute dei propri figli.La Società Italiana di Neonatologia, tuttavia, ha reagito con una denuncia formale nei confronti dell’avvocata Signorini, coinvolgendo diverse procure in Italia, tra cui Torino. L’accusa si articola attorno a un ventaglio di reati potenziali: esercizio abusivo di professione (in quanto l’avvocata si appresta a interpretare e contestare procedure mediche), truffa, diffusione di notizie false e tendenziose, e procurato allarme alla collettività. Un caso specifico, documentato presso l’ospedale Sant’Anna di Torino, evidenzia come una delle Diffide Culla sia stata indirizzata a una struttura per conto di una coppia residente in città, innescando un confronto diretto tra le istanze genitoriali e le prassi mediche consolidate.Il fulcro della controversia risiede nell’affermazione dei denuncianti secondo cui le Diffide Culla presentano una visione distorta e parzialmente inesatta delle reali condizioni e dei processi operativi all’interno degli ospedali. Si contesta, in sostanza, una manipolazione della realtà medica per giustificare una serie di richieste che, a loro avviso, confliggono con gli obblighi deontologici e legali che gravano sui professionisti sanitari. La questione solleva interrogativi complessi: fino a che punto l’autonomia genitoriale può essere invocata per limitare l’intervento della medicina, soprattutto in una fase così delicata come la nascita di un bambino? Qual è il giusto equilibrio tra il diritto dei genitori di decidere per i propri figli e la responsabilità dei medici di garantire la loro salute e sicurezza? Questa vicenda, oltre a innescare un acceso confronto giuridico, apre un dibattito più ampio sulla fiducia nel sistema sanitario, sulla trasparenza delle pratiche mediche e sulla necessità di un dialogo più aperto e costruttivo tra medici, genitori e istituzioni, volto a garantire che le decisioni mediche siano prese nel migliore interesse del neonato, nel rispetto dei diritti e delle preoccupazioni di tutti i soggetti coinvolti. L’interpretazione delle normative vigenti e la definizione dei confini dell’autonomia genitoriale rimangono quindi temi cruciali e di attualità nel panorama medico-legale italiano.

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