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giovedì 13 Novembre 2025

Elia Del Grande: il ritorno che ha riaperto le ferite di Cadrezzate.

La brusca interruzione del percorso serale, l’inaspettato blocco stradale e la presenza imponente delle forze dell’ordine accesero immediatamente un pensiero preciso nella mia mente: l’incalzante, quasi inevitabile, ricomparsa di Elia Del Grande.
Liana, residente e operatrice in via Marconi, a Cadrezzate, nel Varesotto, ha avuto modo di testimoniare in prima persona la drammatica conclusione di una vicenda che ha tenuto con il fiato sospeso l’intera nazione.

La cattura di Del Grande, quarantenne evaso da una comunità di supporto nel Modenese, è avvenuta proprio nella sua abitazione di Cadrezzate, dopo due settimane di latitanza.
La strada che conduce alla sua abitazione, non è casuale.

Via Marconi è anche il luogo, segnato da un orrore indelebile, dove nel 1998 Del Grande commise il terribile omicidio della sua famiglia: padre, madre e fratello, un atto di violenza che ha lasciato un segno profondo nella comunità.
La libertà vigilata, concessa a seguito della condanna, lo aveva riportato nel Varesotto, dove aveva trascorso due anni, un periodo descritto da Liana come segnato da una notevole discrezione.

“Andava al lavoro, tornava a casa, non si è mai fatto notare,” racconta Liana, dipingendo il ritratto di un uomo che cercava, forse invano, di ricostruire una vita dopo un trauma incommensurabile.
La sua permanenza in una casa-lavoro, durata sei mesi, fu troncata da presunte violazioni del regime di libertà vigilata, preludio all’inaspettata e drammatica fuga.

“Non credevo sarebbe tornato,” confessa Liana, esprimendo un sentimento condiviso da molti: la speranza che un passato così doloroso potesse rimanere confinato nella memoria, lontano dal presente.
La vicenda solleva interrogativi complessi sulla gestione della libertà vigilata, sul ruolo della comunità nel reinserimento sociale di individui con disturbi psichiatrici e sulla necessità di un supporto psicologico adeguato per prevenire la ricaduta in comportamenti devianti.
Il caso Del Grande, più che una cronaca di una fuga, si configura come un monito sulla fragilità dell’equilibrio psichico e sulla responsabilità collettiva di garantire la sicurezza e il benessere di tutti, con particolare attenzione verso coloro che, a causa delle loro condizioni, si trovano ai margini della società.
L’eco di quel passato tragico risuona ora ancora più forte, alimentando interrogativi sulla giustizia, sulla prevenzione e sulla capacità di offrire una seconda possibilità, quando questa appare irrimediabilmente compromessa.

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