L’Eredità di Casarotto: Una Prima Invernale sul Pilastro Goretta del Fitz RoyLa Patagonia argentina, regno di vento, ghiaccio e vette scolpite dal tempo, ha recentemente accolto un’impresa di straordinaria audacia.
Matteo Della Bordella e Marco Majori hanno compiuto la prima salita invernale della via Casarotto sul Pilastro Goretta del Fitz Roy (3.405 m), un’ascensione che gli specialisti definiscono non solo complessa, ma anche profondamente innovativa e carica di significato storico per l’alpinismo patagonico.
La via Casarotto, così denominata in onore di Sergio Casarotto (1948-1986), rappresenta una pietra miliare nell’epopea del Fitz Roy.
Casarotto, un pioniere dell’alpinismo solitario, conquistò la vetta principale nel gennaio del 1979, realizzando una performance leggendaria: la prima ascensione solitaria assoluta sulla montagna, aprendo una via mai prima percorsa in solitaria sull’intero massiccio.
L’impegno della via è notevole: oltre 1500 metri di roccia, difficoltà che raggiungono il settimo grado, con passaggi che richiedono l’uso di tecniche artificiali, rendendola una delle più ardue sfide della Patagonia.
Affrontare la parete durante l’inverno, immersi nel silenzio glaciale e sottoposti a temperature estreme, ha rappresentato una prova di resilienza e adattamento.
“Sentirsi minuscoli di fronte a queste montagne immense è un’esperienza umiliante ma anche profondamente ispiratrice,” racconta Della Bordella, sottolineando il contrasto tra la fragilità umana e la maestosità del paesaggio.
Le difficoltà non si sono limitate alle condizioni meteorologiche avverse: le finestre di bel tempo, cruciali per la progressione, si sono rivelate elusive, generando incertezza e richiedendo una ferrea determinazione.
“In Patagonia,” afferma Della Bordella, “bisogna tenere duro fino all’ultimo, e alla fine la perseveranza è stata premiata.
“La salita, seppur condotta in condizioni estreme, ha mantenuto l’essenza dell’alpinismo puro, rispecchiando lo stile di Casarotto, un uomo che incarnava l’etica dell’esplorazione e della sfida personale.
La riduzione delle ore di luce, combinata con le temperature gelide, ha intensificato la difficoltà, costringendo gli alpinatori a una gestione precisa delle energie e a una rapidità d’esecuzione mai vista.
“La via rimane quella – 35 tiri e 1300 metri di parete – ma d’inverno hai la metà del tempo per completarla,” spiega Della Bordella, evidenziando la complessità logistica e fisica dell’impresa.
L’ascensione assume una risonanza emotiva ancora più profonda per Marco Majori, il quale rivela un legame personale con la figura di Casarotto.
“È una salita che sognavo fin da bambino,” racconta Majori, descrivendo un’immagine indelebile impressa nella sua infanzia: una fotografia in bianco e nero, scattata dal padre durante una spedizione con Casarotto, raffigurava l’alpinista solitario, una figura piccolissima eppure potente, in contrasto con l’immensità della parete.
“Crescere con un’immagine così ti fa inevitabilmente sognare.
E quel sogno, alla fine, si è avverato.
“L’impresa di Della Bordella e Majori non è solo una conquista alpinistica, ma un omaggio a un pioniere e un tributo alla forza dello spirito umano, capace di superare i limiti e di trasformare un sogno d’infanzia in una straordinaria realtà, incastonata tra le vette impervie della Patagonia.
Un atto di coraggio che continua a scrivere la storia dell’alpinismo, un capitolo intriso di rispetto, ispirazione e profonda connessione con la natura selvaggia e maestosa del Sud America.