Il lutto per Cecilia De Astis, una donna strappata alla vita in modo tragico, avvolge Gratosoglio.
Ma dal dolore, il parroco Don Paolo Steffano indica una via: non quella della sterile rabbia, né dei retorici proclami, ma un percorso di ricerca attiva della speranza, un seme che germoglia anche nel terreno apparentemente arido.
Il confronto con la realtà urbana, segnata da disuguaglianze e marginalizzazione, non offre diamanti scintillanti, simboli di apparente prosperità.
La vera ricchezza, invece, si cela nella capacità di estrarre bellezza e possibilità dalle circostanze più difficili, proprio come i fiori che nascono dal letame.
Questa resilienza è intrinseca alla comunità del Gratosoglio, una comunità che necessita di essere riscoperta e valorizzata.
L’indignazione è una reazione umana legittima, ma non sufficiente.
Il rischio è quello di precipitare in un ciclo di accuse reciproche, un “scaricabarile” che disimpegna dalla responsabilità e perpetua l’immobilismo.
Documenti, encicliche, discorsi accademici sulla convivenza pacifica sono inutili se non si traducono in azioni concrete.
La comunità non ha bisogno di parole, ma di gesti.
Don Paolo, richiamandosi a Fabrizio De André e all’amara constatazione del suo “Don Raffae’,” denuncia la tendenza dello Stato a un’indignazione performativa, un impegno effimero seguito da un rapido disimpegno.
In linea con l’arcivescovo, il parroco esorta a coltivare un fuoco interiore, a promuovere figure concrete, persone radicate nella realtà, capaci di agire, di “fare rumore” anche di fronte alle resistenze.
Come i profeti, che invocano la giustizia e la verità, anche chi si impegna nel bene deve essere pronto a farsi sentire, a superare il silenzio imposto, affinché la verità risplenda.
La speranza per Gratosoglio si concretizza nell’investimento costante e mirato su aree cruciali: la lotta alla povertà educativa, il sostegno alla scuola, la promozione dello sport attraverso le associazioni, la creazione di cooperative di quartiere e il rafforzamento del ruolo delle parrocchie.
Questi sono i luoghi in cui si costruisce il tessuto sociale, dove si offrono opportunità a chi è più fragile.
È a Cecilia, la donna scomparsa, che il sacerdote affida questa missione, questa responsabilità collettiva.
Un atto di fiducia, un desiderio che la sua memoria possa ispirare un impegno rinnovato, un futuro più giusto e solidale per la comunità del Gratosoglio.
Un futuro che non si basa sulla retorica, ma sulla costruzione attiva di opportunità per tutti.