Un’indagine parallela, nata nell’ombra del caso Equalize, si concentra ora su presunte alterazioni di comunicazioni digitali che coinvolgono figure di spicco nel panorama culturale milanese: l’architetto Stefano Boeri e la direttrice generale della Triennale di Milano, Carla Morogallo.
Al centro dell’attenzione, l’informatore Gabriele Pegoraro, accusato di accesso non autorizzato a sistemi informatici e di aver compromesso l’integrità di comunicazioni elettroniche, in particolare messaggi WhatsApp scambiati tra Boeri e Morogallo.
L’indagine, formalizzata a luglio successivo alla denuncia presentata dallo stesso Boeri a marzo, getta luce su una vicenda intricata, caratterizzata da sospetti di manipolazione e revisionismo di conversazioni private.
Lo stesso architetto, in sede di denuncia, ha espresso seri dubbi sull’autenticità dei messaggi, suggerendo che siano stati oggetto di alterazioni mirate.
Anche la direttrice Morogallo, a sua volta, ha sporto denuncia, segnalando la compromissione della sua corrispondenza digitale.
L’ipotesi investigativa si concentra sull’utilizzo di tecniche di hacking informatico per alterare il contenuto delle conversazioni, potenzialmente al fine di danneggiare la reputazione delle parti coinvolte o influenzare dinamiche istituzionali.
L’accusa di “accesso abusivo a sistema informatico” implica la violazione delle norme che regolano la protezione dei dati e la sicurezza informatica, mentre le accuse di interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni telefoniche e telegrafiche suggeriscono un tentativo di ostacolare la libera circolazione delle informazioni.
Questa inchiesta solleva interrogativi cruciali sulla vulnerabilità delle comunicazioni digitali, sulla possibilità di manipolare prove elettroniche e sulle implicazioni etiche e legali dell’utilizzo di tecniche di hacking per fini illeciti.
La vicenda si intreccia con il più ampio caso Equalize, suggerendo una rete di relazioni e dinamiche complesse che richiedono un’indagine approfondita per accertare la verità e tutelare il diritto alla riservatezza e all’integrità delle comunicazioni.
La questione centrale è se i messaggi presentati come prova siano effettivamente ciò che sembrano, o se siano il risultato di un’abile operazione di inganno digitale.