L’operazione che ha portato alla detenzione di Katia Adragna, soprannominata “la Nera”, 46 anni, rappresenta un’incursione significativa nell’economia criminale che permea il tessuto milanese.
L’accusa di aver guidato una cellula operativa della Nuova Barona, un’organizzazione dedita al traffico di stupefacenti, in particolare cocaina, a favore del clan Calajò, già oggetto di precedenti azioni di contrasto, getta una luce inquietante sulla presunta capacità di infiltrazione della criminalità organizzata all’interno di ambienti istituzionali.
L’ordinanza di custodia cautelare, che ha colpito 19 individui, e le indagini condotte congiuntamente da Carabinieri, Polizia penitenziaria e Polizia, rivelano un sistema complesso e ramificato, in cui i vertici dell’organizzazione avrebbero gestito canali di approvvigionamento e distribuzione, avvalendosi di una rete di collaboratori fidati.
L’elemento particolarmente allarmante emerge dalle dichiarazioni intercettate, in particolare quelle del fratello di Adragna.
Le conversazioni captate suggeriscono una strategia di gestione dei contatti deliberatamente calcolata.
In seguito all’invio dell’avviso di conclusione indagini, che avrebbe potuto innescare un’immediata reazione da parte dei sodali, la donna avrebbe ordinato la cancellazione di tutti i numeri di telefono presenti nella sua rubrica, ad eccezione di quelli appartenenti a clienti di particolare rilievo.
Questa azione, se confermata, testimonia una lucidità e un’organizzazione degne di una mente criminale esperta, più che di una semplice esecutrice.
La giustificazione fornita dal fratello durante una conversazione con la sua fidanzata, “…ma perché sopra c’ha gli avvocati, politici quindi c’ha tutte persone che a noi ci possono servire,” svela la natura strumentale dei rapporti intrattenuti dall’organizzazione.
Questi “contatti importanti” non sarebbero stati semplicemente clienti, ma potenziali risorse utilizzabili per proteggere l’attività illecita, ottenere informazioni riservate o influenzare decisioni processuali.
L’indagine, quindi, non si limita a ricostruire la filiera dello spaccio di droga, ma si apre su un’istruttoria di più ampio respiro, volta a verificare l’effettiva portata delle connessioni tra la criminalità organizzata e il mondo della magistratura, della politica e della professione forense.
La prospettiva di un sistema di “protezione” basato su relazioni di scambio e reciproche favoritismi, se confermata, mina le fondamenta stesse dello stato di diritto e richiede un’azione decisa e incisiva per ristabilire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
L’operazione in corso rappresenta quindi un punto di svolta cruciale nella lotta alla criminalità organizzata e un campanello d’allarme per l’intera società.








