Mohamed Rebani, cittadino marocchino convertito al cristianesimo, ha scelto di non rilasciare dichiarazioni durante l’interrogatorio di convalida del fermo, celebrato dinanzi al giudice per le indagini preliminari di Lecco.
La scelta, formalizzata dopo l’arresto per l’atroce omicidio della moglie, Emilia Nobili, stimata docente di lettere in pensione, è parte di un quadro investigativo complesso e doloroso.
Il Gip ha convalidato il fermo, confermando la custodia cautelare in carcere e delegando la competenza territoriale alla Procura di Sondrio, guidata da Piero Basilone, che assumerà il fascicolo d’indagine.
Parallelamente, il procuratore Basilone ha disposto un’autopsia sul corpo di Emilia Nobili, affidandola al rinomato patologo Luca Tajana dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Pavia.
L’esame autoptico si preannuncia cruciale per determinare con precisione le cause del decesso e raccogliere elementi utili a ricostruire la dinamica dell’efferato crimine.
La vicenda, intrisa di dramma e paradossi, affonda le sue radici in un percorso di sofferenze protrattesi nel tempo.
Emilia Nobili, 75 anni, aveva sporto denuncia contro il marito nell’ottobre 2024, lamentando maltrattamenti e lesioni.
La denuncia, formalizzata il 16 ottobre, ha innescato una spirale di provvedimenti giudiziari tesi a tutelare l’incolumità della donna, che si è consumata in un appartamento situato in contrada Nobili, a Poggiridenti, in Valtellina.
A due giorni dalla denuncia, il 18 ottobre, il marito è stato destinatario di una misura cautelare che imponeva l’allontanamento dalla residenza familiare e il divieto di avvicinamento alla persona offesa.
La violazione di tale provvedimento, avvenuta proprio nel giorno della sua notifica, ha portato all’arresto in flagranza di reato.
Il successivo percorso giudiziario ha visto Mohamed Rebani trascorrere sei mesi in custodia cautelare presso il carcere di Sondrio.
Il 24 aprile, è stato condannato a un anno e sei mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena.
Una decisione che, a distanza di pochi mesi, si è rivelata tragicamente insufficiente a prevenire la recrudescenza della violenza.
Contro il parere del figlio della coppia, Emilia Nobili ha riaccolto il marito in casa a giugno, riaprendo una ferita che sembrava momentaneamente rimarginata.
La decisione, gravida di conseguenze irreparabili, solleva interrogativi cruciali sull’efficacia dei provvedimenti di protezione delle vittime di violenza e sulla complessità dei dinamici familiari segnati da abusi e sofferenze.
L’indagine è ora focalizzata sulla ricostruzione completa degli eventi e sull’analisi delle responsabilità, con l’obiettivo di fare luce su una vicenda che testimonia la fragilità e la vulnerabilità di chi subisce abusi e la necessità di rafforzare i meccanismi di prevenzione e tutela.