Il Leoncavallo, fulcro storico dell’autonomia sociale milanese, si trova ad affrontare una sfida esistenziale.
Dopo quasi trent’anni di presenza in via Watteau, il centro sociale, nato nel 1975 in un contesto di rivendicazioni operaie e culturali, è destinatario di un ordine di sfratto fissato al 9 settembre.
Questa situazione, ben più di una semplice questione immobiliare, incarna un conflitto più ampio tra il diritto all’espressione culturale e politica autogestita e le pressioni dello sviluppo immobiliare e delle dinamiche legali complesse.
La vicenda si snoda attraverso una intricata serie di responsabilità legali e finanziarie.
Il Ministero dell’Interno, a seguito di una sentenza precedente, è stato condannato a versare tre milioni di euro alla proprietà, l’immobiliare Orologio, di proprietà della famiglia Cabassi, per il mancato sgombero.
In risposta, il Ministero ha intrapreso un’azione legale contro Marina Boer, presidente dell’associazione Mamme del Leoncavallo, chiedendo il rimborso di tali fondi.
Questa mossa evidenzia la difficoltà di conciliare le esigenze statali con le rivendicazioni di spazi autogestiti, spesso nati in contesti di precarietà e marginalità.
Celebrando il suo cinquantesimo anniversario, il Leoncavallo lancia un grido d’allarme.
Il rischio non è solo la perdita di una sede fisica, ma la cancellazione di un modello di aggregazione sociale basato sull’autogestione, l’antifascismo militante e l’inclusione.
Per contrastare l’imminente sfratto, è stata attivata una “Cassa di Resistenza”, una campagna di raccolta fondi aperta a tutti coloro che ritengono fondamentale preservare questo patrimonio sociale.
L’appello è rivolto non solo alle realtà politiche e culturali antifasciste, ma all’intera società civile milanese, invitata a sostenere attivamente la difesa di un luogo simbolo di resistenza e di cultura alternativa.
La Cassa di Resistenza rappresenta un atto di resilienza e di speranza, un tentativo di mobilitare risorse e di costruire un fronte comune a sostegno del Leoncavallo.
L’Anpi provinciale di Milano ha già manifestato il proprio sostegno, un gesto riconosciuto con gratitudine attraverso i canali social del centro, testimoniando la solidarietà che si sta generando intorno alla causa.
La vicenda trascende la mera questione dello sfratto, sollevando interrogativi cruciali sul futuro degli spazi sociali autogestiti, sul ruolo dell’antifascismo nella società contemporanea e sulla necessità di garantire il diritto all’espressione culturale e politica, anche e soprattutto nelle sue forme più marginali e autonome.