sabato 26 Luglio 2025
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Milano, atto di disobbedienza: chiesto l’esproprio di Coima Image Group

Un atto di disobbedienza civile ha segnato l’alba a Milano, con un manifesto imponente che reclamava l’immediata espropriazione di Coima Image Group, società al centro di un’inchiesta giudiziaria per presunte irregolarità urbanistiche.
L’azione, orchestrata dai collettivi del Cantiere nell’ambito della campagna “Giù le mani dalla città”, solleva interrogativi urgenti sulla speculazione immobiliare, la gestione dei fondi pubblici e il diritto all’abitazione.

L’iniziativa, oltre alla visibilità data dallo striscione appeso al Pirellino, ha rappresentato un tentativo di focalizzare l’attenzione su un problema strutturale: la crescente divaricazione tra la necessità di alloggi dignitosi per una parte sempre più ampia della popolazione e l’accumulo di ricchezza immobiliare nelle mani di pochi.
La richiesta di espropriazione non si limita a una critica alla società Coima, ma si configura come una denuncia di un sistema che, attraverso meccanismi opachi e finanziamenti pubblici ingenti, perpetua l’esclusione abitativa e l’aggravamento delle disuguaglianze sociali.
Il collettivo Cantiere non si limita a contestare le pratiche di Coima, beneficiaria di ingenti finanziamenti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per progetti di “rigenerazione urbana”.

La critica si estende al modello stesso di sviluppo urbano dominante, che privilegia la costruzione di lussuose residenze e infrastrutture commerciali a scapito della disponibilità di alloggi a prezzi accessibili.

La richiesta di “rivogliamo tutti i 10 miliardi” destinati alla rigenerazione urbana non è un mero rimedio, ma una proposta di ripensamento radicale delle priorità nella distribuzione delle risorse pubbliche.

L’azione si inserisce in un più ampio dibattito sulla gentrificazione, un processo complesso che trasforma quartieri popolari, espellendo i residenti a basso reddito e alterando il tessuto sociale.

La disponibilità di 80.

000 abitazioni sfitte a Milano rappresenta una risorsa inesplorata, un potenziale strumento per affrontare l’emergenza abitativa, che potrebbe essere attivato attraverso un processo di ristrutturazione e assegnazione pubblica.

Il messaggio lanciato dagli attivisti, che paventa un futuro dove le residenze di lusso coesistano con la realizzazione di edilizia popolare, è un’esplicita critica al paradigma architettonico che privilegia l’estetica e il prestigio a scapito della funzione sociale dell’abitare.

La tolleranza verso progetti iconici come il “Bosco Verticale”, simbolo di un’architettura elitaria, è subordinata alla garanzia di un diritto all’abitazione universale.

L’atto di disobbedienza civile non si pone in termini di accusa personale nei confronti dei magistrati inquirenti, ma si configura come una denuncia di un sistema che, per sua natura, tende a proteggere gli interessi economici delle élite al potere.

La responsabilità per l’emergenza abitativa non è individuabile in singoli individui, ma risiede in un modello di sviluppo urbano e finanziario che genera disuguaglianze e alimenta l’esclusione sociale.
La richiesta di esproprio è una chiamata a un cambiamento profondo, una rivendicazione del diritto alla città per tutti i suoi abitanti.

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