Un fiume di voci e bandiere palestinesi ha incrociato il cuore di Milano, ripartendo da piazzale Loreto per snodarsi lungo un percorso che ha toccato corso Buenos Aires, raggiungendo i bastioni di Porta Venezia e culminando in piazza Oberdan.
La marcia, un chiaro atto di solidarietà verso il popolo palestinese, ha visto la partecipazione di un numero contenuto di persone, alcune centinaia, ma il loro messaggio risuonava potente, amplificato dall’eco delle speranze e delle sofferenze di una terra martoriata.
L’azione di seduta pacifica, rituale ormai consueto in queste manifestazioni, ha visto gli attivisti occupare simbolicamente lo spazio pubblico, creando un muro di bandiere e slogan.
La ripetizione ritmica del grido “Free, Free Palestine” ha creato un’onda sonora che si è diffusa tra i passanti, un’affermazione decisa di supporto e di richiesta di giustizia.
Questa mobilitazione, pur nella sua dimensione locale, si inserisce in un contesto globale di crescente preoccupazione per la situazione in Palestina.
Le immagini che giungono dalle zone di conflitto, le testimonianze dirette e le analisi geopolitiche hanno alimentato un’opinione pubblica sempre più sensibile alle dinamiche complesse che caratterizzano la regione.
La richiesta di “liberazione” non è intesa solo come fine dell’occupazione militare, ma come aspirazione a un riconoscimento dei diritti fondamentali del popolo palestinese, alla possibilità di autodeterminazione e alla fine di un conflitto che si protrae da decenni.
La scelta di piazzale Loreto, luogo storico di manifestazioni e di memoria, ha conferito alla marcia un significato aggiuntivo.
Il ricordo delle vittime del fascismo e della resistenza, inscritto nella pietra di quel luogo, ha creato un parallelo tra le lotte per la libertà di popoli oppressi, sottolineando come la richiesta di giustizia sia una costante nella storia dell’umanità.
La marcia non è stata solo un evento di protesta, ma anche un atto di testimonianza.
Un modo per mantenere viva l’attenzione sulla questione palestinese, per sensibilizzare l’opinione pubblica e per sollecitare i decisori politici ad agire per un futuro di pace e di giustizia nella regione.
Dietro le bandiere e gli slogan si celano storie di esilio, di perdita e di speranza, un grido di umanità che chiede di essere ascoltato.
Il percorso, pur breve, ha segnato un momento di riflessione e di impegno, un piccolo tassello in un mosaico di azioni volte a promuovere un mondo più giusto ed equo per tutti.