Un’onda di solidarietà si è riversata in via Luigi Mengoni, a Milano, in un presidio spontaneo e vibrante, volto a sostenere due adolescenti – un ragazzo e una ragazza, entrambi studenti di un liceo cittadino – recentemente detenuti in seguito agli eventi di ieri.
La manifestazione, nata come risposta immediata agli arresti operati durante i cortei e lo sciopero per Gaza che hanno attraversato la città, ha visto la partecipazione di circa quattrocento giovani, un crogiolo di espressioni sociali che spaziano da collettivi studenteschi a militanti di centri sociali come il Lambretta, testimoniando un sentimento diffuso di preoccupazione e dissenso.
La scelta del carcere minorile Cesare Beccaria come punto focale del presidio non è casuale.
Rappresenta un luogo simbolico, un crocevia tra la giustizia minorile e le controversie legate alla gestione delle proteste e alla repressione del dissenso.
La presenza di giovani, molti dei quali anch’essi coinvolti attivamente nel movimento pro-Palestina, sottolinea la percezione di un’escalation nel controllo e nella punizione delle voci dissenzienti.
L’atmosfera durante il presidio è stata caratterizzata da una forte carica emotiva, espressa attraverso striscioni colorati, cori appassionati e l’utilizzo di fumogeni, simboli di una ribellione pacifica ma determinata.
Al di là della protesta specifica per la liberazione dei due adolescenti, il presidio si configura come un atto di denuncia più ampio, volto a sollevare interrogativi sull’equilibrio tra diritto di manifestazione, libertà di espressione e l’azione delle forze dell’ordine.
La polizia, presente sul posto, ha monitorato la situazione con attenzione, segnalando al momento l’assenza di disordini o problemi di ordine pubblico.
Tuttavia, l’evento ha riacceso il dibattito sulla legittimità dell’utilizzo della forza e delle misure repressive nei confronti dei manifestanti, soprattutto quando si tratta di giovani che esprimono preoccupazioni umanitarie e politiche di portata globale.
Il presidio, pur nella sua apparente pacifica conclusione, lascia aperta la questione del ruolo della società civile nel proteggere i diritti fondamentali e nel contrastare le forme di repressione, alimentando una riflessione urgente sulle responsabilità del sistema giudiziario e sulla necessità di garantire spazi di espressione democratica e libera.
Il gesto di solidarietà rappresenta un monito a vigilare sulla salvaguardia delle libertà civili, un diritto inviolabile, specialmente quando si tratta di voci giovani e in movimento.