Nel cuore di Milano, un silenzio solenne ha interrotto il flusso della città, un tributo vibrante alla memoria di Antonio Annarumma, agente della Polizia di Stato caduto in servizio.
La cerimonia, celebrata a distanza di 56 anni dalla sua tragica scomparsa, ha rappresentato un’occasione per onorare il sacrificio di un giovane uomo, un custode dell’ordine, inghiottito dalla violenza che segnò profondamente gli anni Settanta.
Il questore Bruno Megale, affiancato dal comandante del Terzo Reparto Mobile, Paolo Barone, ha guidato la commemorazione presso la caserma in via Cagni, luogo che custodisce un monumento dedicato alla memoria di Annarumma.
Più che una semplice pietra, quel monumento è un simbolo tangibile del debito che la comunità civile ha verso coloro che, con il loro operato, garantiscono la sicurezza e la serenità pubblica.
Antonio Annarumma, a soli 22 anni, si trovò improvvisamente al centro di un evento drammatico, una manifestazione che degenerò in scontro violento, una delle tante ferite aperte in un periodo storico tormentato.
La sua morte, come quella di molti altri colleghi, non fu un incidente, ma il prezzo pagato per il mantenimento dell’ordine democratico in un contesto di profonda instabilità sociale e politica.
L’episodio in cui Annarumma perse la vita incarna le complessità e le tensioni di un’epoca segnata da profonde divisioni ideologiche e da un’ondata di proteste che spesso sfociavano in atti di violenza.
Comprendere la sua morte significa anche tentare di ricostruire il contesto storico in cui si inserisce, analizzando le dinamiche sociali, le rivendicazioni politiche e le condizioni economiche che alimentarono un clima di crescente scontento.
Ricordare Antonio Annarumma non è solo un atto di pietas verso una giovane vita spezzata, ma anche un’occasione per riflettere sul ruolo della Polizia di Stato, sulle sfide che essa affronta quotidianamente e sul delicato equilibrio tra ordine e libertà.
È un momento per interrogarsi sul significato del servizio pubblico, sul coraggio necessario per affrontare situazioni estreme e sulla responsabilità di proteggere i cittadini, anche a costo del proprio sacrificio.
La sua memoria, preservata nel monumento di via Cagni e custodita nel cuore dei suoi colleghi, continua a ispirare generazioni di agenti a perseguire la giustizia, a difendere la legalità e a testimoniare, con il proprio operato, il valore imprescindibile dello Stato di diritto.
Il suo esempio rimane un monito costante, un invito a non dimenticare il prezzo della libertà e a lavorare, ogni giorno, per costruire una società più giusta e pacifica.









