Nella mattinata odierna, l’Arma dei Carabinieri di Bergamo ha eseguito un’operazione che getta nuova luce sulla tragica vicenda che il 7 marzo scorso ha visto la perdita della vita di Luciano Muttoni a Valbrembo.
Un ventiduenne è stato arrestato, estendendo la rete di responsabilità già circoscritta a due giovani già detenuti con l’accusa di omicidio e rapina aggravata.
L’uomo, raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari, è formalmente accusato di concorso in rapina aggravata, escludendolo direttamente dall’accusa di omicidio, pur riconoscendo il suo ruolo significativo nell’economia delittuosa.
Le indagini, condotte con meticolosa attenzione, hanno permesso di ricostruire un quadro complesso e inquietante.
Il ventiduenne, secondo quanto emerso, non si è limitato a un ruolo marginale, ma ha agito come collante e supporto logistico per i due esecutori materiali del crimine.
La sua funzione primaria, ricostruita attraverso elementi probatori convergenti, si è concretizzata nell’aver inizialmente facilitato la conoscenza tra i due individui coinvolti, per poi assumere il ruolo di autista, garantendo il trasporto dei complici.
Nello specifico, l’uomo è accusato di aver condotto i due giovani dalla stazione ferroviaria di Terno d’Isola fino a Valbrembo, nelle immediate vicinanze dell’abitazione di Muttoni, e di averli successivamente attesi nei pressi del cimitero di Solza, pronto a consegnare loro degli zaini contenenti indumenti di ricambio, progettati per agevolare la fuga dopo il colpo.
L’arresto odierno e le accuse contestate arricchiscono il quadro investigativo, rivelando una premeditazione e una pianificazione più articolata di quanto inizialmente ipotizzato.
Parallelamente, l’inchiesta ha portato alla luce un precedente episodio criminale, una rapina commessa il 17 febbraio 2025 a Ponte San Pietro.
In questo caso, il ventiduenne, unitamente a uno degli altri due giovani già in custodia cautelare a Monza, è accusato di aver rapinato un uomo, sottraendogli l’auto, il cellulare e il bancomat.
La violenza in questo caso è stata particolarmente elevata, con la vittima costretta a rivelare il codice PIN sotto la minaccia, contestualmente, di armi da taglio e da fuoco.
Questa concomitanza di eventi suggerisce una propensione alla criminalità organizzata e una spregiudicatezza che amplifica la gravità delle accuse mosse a tutti i soggetti coinvolti, sollevando interrogativi sulla loro rete di contatti e sulle motivazioni alla base di queste azioni.
L’inchiesta prosegue a ritmo serrato per fare luce su tutti gli aspetti della vicenda e identificare eventuali ulteriori complici.