venerdì 8 Agosto 2025
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Milano

Pirellino: Inchiesta a Milano, pesanti accuse di condizionamenti urbanistici

L’inchiesta sull’urbanistica milanese, con particolare riferimento alla vicenda del complesso del Pirellino, ha portato alla luce dinamiche complesse e potenzialmente compromettenti all’interno della macchina amministrativa comunale.
L’atto d’appello presentato dai pubblici ministeri mette in discussione la valutazione del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), che aveva archiviato l’accusa di induzione indebita nei confronti di Giuseppe Marinoni, allora presidente della commissione Paesaggio del Comune di Milano.

Secondo la ricostruzione dei pm, la decisione di Marinoni di modificare le proprie valutazioni e di non opporsi a determinate scelte urbanistiche non sarebbe stata frutto di una libera e indipendente valutazione tecnica, bensì il risultato di una “convergenza” – termine scelto per attenuare l’accezione di pressione – con le figure apicali dell’amministrazione comunale, in particolare con l’assessore e il sindaco, i quali avevano garantito a Marinoni la posizione di rilievo che ricopriva.

L’atto d’appello descrive una situazione in cui la salvaguardia della posizione di potere, più che l’interesse pubblico, avrebbe guidato le decisioni di Marinoni.
L’utilità concreta che i pm ritengono sia stata perseguita da questa “convergenza” sarebbe legata alla vicenda del Pirellino, un complesso immobiliare di notevole importanza strategica e urbanistica per la città.
La volontà di evitare conflitti e potenziali inchieste, a tutela della propria carriera, avrebbe spinto Marinoni a scendere a compromessi, compromettendo l’imparzialità e la correttezza del procedimento amministrativo.
L’inchiesta solleva interrogativi profondi sulla governance del territorio e sulla necessità di garantire l’indipendenza delle funzioni decisionali in materia urbanistica.

Il caso del Pirellino, in particolare, evidenzia la fragilità dei meccanismi di controllo e la potenziale influenza di dinamiche politiche e personali sulle scelte che riguardano lo sviluppo e la trasformazione del paesaggio urbano.
La vicenda, oltre alla sua dimensione giuridica, si configura come un campanello d’allarme sulle responsabilità individuali e collettive che gravano su chi detiene il potere di decidere il futuro della città.
Il ruolo della commissione Paesaggio, pensata come organo di garanzia per la tutela del bene comune, appare in questo contesto drammaticamente compromesso, richiedendo una revisione approfondita del sistema di controlli e delle procedure decisionali per prevenire futuri abusi e garantire la trasparenza dell’azione amministrativa.

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