Il destino del Giuseppe Meazza, universalmente noto come San Siro, è al centro di una disputa che trascende la mera questione calcistica, innescando un confronto tra interessi economici, responsabilità ambientali e principi di governance democratica.
Un fronte di comitati civici, sostenitori della salvaguardia dello storico impianto, ha formalizzato una denuncia formale nei confronti del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), invocando il rispetto degli impegni assunti dal Comune di Milano nel dossier di candidatura per le Olimpiadi Invernali del 2026.
L’azione legale, sostenuta da oltre duecento firme di personalità di spicco – tra cui Duccio Facchini, esperto di economia sostenibile, Lucia Tozzi, studiosa di politiche urbane, Luigi Casanova, attivista per la tutela dell’ambiente alpino, e Silvio La Corte, autore di un’analisi critica delle Olimpiadi – mette in discussione la coerenza tra la decisione di vendere lo stadio alle società Inter e Milan e le dichiarazioni programmatiche che hanno caratterizzato la presentazione della candidatura olimpica.
Il cuore della contestazione risiede nella contraddizione tra l’enfasi sulla sostenibilità ambientale, elemento cardine del dossier del 2019, e l’impatto ambientale derivante dalla demolizione del Meazza e dalla costruzione di una nuova struttura.
La stima di 210.000 tonnellate di anidride carbonica rilasciate nell’atmosfera a seguito della demolizione solleva interrogativi significativi sulla reale aderenza del progetto alle promesse di un’Olimpiade “verde”.
Si richiama esplicitamente il documento che prevedeva l’utilizzo del Meazza per la cerimonia d’apertura, identificandolo come una struttura esistente, pubblica e rinnovata, destinata a mantenere la sua funzione calcistica anche dopo i Giochi.
La questione non si limita alla mera sostenibilità ambientale, ma si estende alla trasparenza dei processi decisionali e alla partecipazione democratica.
La vendita dello stadio, un bene pubblico di valore storico e culturale, ad interessi privati con la prospettiva di una demolizione quasi totale, è percepita come un esempio emblematico di un governo “opaco” e distante dai cittadini.
La decisione, presa in un contesto di rapidità e scarsa consultazione pubblica, contrasta con i principi fondamentali di una città moderna e partecipativa.
Lucia Tozzi ha evidenziato come la vicenda San Siro rappresenti una “questione primaria politica”, simbolo di un approccio decisionale che ignora la volontà della comunità e bypassa le procedure democratiche.
L’operazione, inoltre, rischia di fungere da precedente negativo per altre città, incoraggiando modelli di sviluppo urbano che privilegiano il profitto a breve termine a scapito della qualità della vita e della tutela del patrimonio culturale.
La richiesta rivolta al CIO non è solo un tentativo di far rispettare gli impegni contrattuali, ma anche un appello a un sistema di governance più responsabile e attento al benessere collettivo, che riconosca il valore intrinseco dei beni pubblici e promuova una partecipazione attiva dei cittadini nelle decisioni che ne plasmano il futuro.
La salvaguardia di San Siro, in definitiva, si configura come un simbolo della battaglia per una Milano più giusta, trasparente e sostenibile.