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venerdì 14 Novembre 2025

Sarajevo Safari: Quando la Guerra Diventa Macabra

L’ombra macabra dei “safari” umani a Sarajevo, un capitolo agghiacciante della guerra in Bosnia, riemerge periodicamente, alimentata da indagini giornalistiche e documentari che cercano di portare alla luce la verità.
Il libro “I bastardi di Sarajevo” di Luca Leone, pubblicato originariamente nel 2014 e successivamente riproposto, è un tentativo cruciale di svelare questa realtà sconcertante, una ferita aperta nella memoria collettiva.

Leone, con la sua profonda immersione nelle complesse dinamiche del conflitto bosniaco, ha contribuito a portare alla luce un fenomeno che, fino ad allora, era rimasto perlopiù confinato in sussurri e voci di corridoio.
La recente uscita del documentario “Sarajevo Safari” del regista sloveno Miran Zupanic ha riacceso l’attenzione su questo fenomeno, spingendo nuovamente Leone a intervenire e a ribadire l’esistenza di una rete criminale che trasformava la sofferenza di una popolazione assediata in un macabro business.
Non si trattava di semplici voci di popolo: giornalisti presenti sul campo, testimoni oculari e persino parte della popolazione bosniaca assediata erano a conoscenza di queste attività.
La dinamica era orribilmente semplice: cittadini europei, inclusi italiani, pagavano somme consistenti a checkpoint gestiti da paramilitari serbi, prima in Croazia e poi in Bosnia, per partecipare a “safari” di cecchini, con bersaglio i civili intrappolati sotto il fuoco costante.
La pratica andava al di là del semplice atto di sparare: si trattava di un’esperienza strutturata, un pacchetto turistico distorto che prometteva brivido, adrenalina e l’illusione di potere, tutto in un contesto di impunità garantita.

Leone, nel suo libro, descrive scene inquietanti, raccontando di un italiano, un “tranquillo imprenditore” ossessionato dalla caccia, che si abbandonava a un’escalation di violenza, dopo aver già soddisfatto la propria compulsione per la caccia di animali.

Questo episodio, e altri simili, illustrano la disumanizzazione che ha permeato il conflitto, trasformando la vita umana in un mero oggetto di divertimento per chi si sentiva al di sopra della legge e privo di scrupoli.

La “garanzia di fuga” e l’assicurazione di impunità, elementi fondamentali del pacchetto, dimostrano la connivenza e la corruzione che consentirono a questa orribile attività di prosperare.
Il fenomeno dei “safari” a Sarajevo non è solo una questione di singoli individui responsabili di atti criminali, ma riflette un fallimento strutturale a livello politico e giudiziario, un sistema che ha permesso a una cultura della violenza e dell’impunità di radicarsi e di perpetuare l’orrore.

La memoria di queste vittime e la ricerca della verità continuano a essere imperativi morali, per onorare la loro dignità e per impedire che simili atrocità si ripetano.

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