Il freddo dell’alba penetrava nelle ossa, ma la fiamma della determinazione brillava negli occhi dei lavoratori asserragliati ai cancelli della Deloro.
Erano quattro giorni che la fabbrica, silenziosa e imponente, rappresentava il fulcro di una vertenza che andava ben oltre la vicenda personale di Fabio, il dipendente licenziato per una falla burocratica legata alla Legge 104 per l’assistenza alla moglie disabile.
Un errore, una svista, definiresti? Forse.
Ma il peso di quell’errore si era abbattuto su un uomo e, di conseguenza, sull’intera comunità di lavoratori.
La vicenda, apparentemente marginale, aveva innescato una risposta corale, un’esplosione di solidarietà che aveva visto duecento persone abbandonare il proprio posto di lavoro, erigendo un presidio permanente, un baluardo contro l’arbitrio.
Lo sciopero a oltranza non era solo una protesta, ma una dichiarazione di principi: “Se toccano uno, toccano tutti”.
La parola d’ordine, semplice e potente, risuonava all’unisono, incarnando la ferma volontà di non lasciare Fabio solo ad affrontare la pressione dell’azienda.
La Deloro, con le sue torri di acciaio e le macchine silenziose, era diventata il teatro di una lotta che toccava temi cruciali: il diritto al lavoro, la dignità del singolo di fronte al potere del capitale, la necessità di tutelare le fasce più vulnerabili della popolazione.
La Legge 104, pensata per garantire supporto ai disabili e ai loro familiari, si era trasformata in un’arma a doppio taglio, un pretesto per un provvedimento che appariva ingiusto e sproporzionato.
L’eco delle trattative, serrate e complesse, si era diffuso tra i lavoratori, alimentando la speranza e, al contempo, l’ansia.
La presenza di Elena Dorin, segretaria generale della Fiom di Milano, aveva portato un raggio di luce in quel clima di incertezza.
L’annuncio, accolto con un fragoroso applauso, non era solo una vittoria personale per Fabio, ma un trionfo di collettivismo e resilienza.
Il licenziamento sarebbe stato convertito in un provvedimento disciplinare, una concessione significativa ottenuta grazie alla pressione esercitata dal corpo di lavoratori.
Tuttavia, la segretaria Dorin non si è limitata a comunicare l’esito positivo della vertenza.
Ha voluto sottolineare il ruolo imprescindibile di ciascuno, riconoscendo il valore della partecipazione, dell’impegno e della perseveranza.
Ha parlato di “generosità” e “determinazione”, parole che racchiudono l’essenza di un movimento nato dalla necessità di difendere i propri diritti.
Ha evidenziato il sostegno dei delegati di altre aziende, la presenza attiva dei colleghi della Fiom, un’orgogliosa rete di solidarietà che si è estesa ben oltre i confini della Deloro.
Quel momento, quelle parole, hanno segnato una pagina importante nella storia del lavoro italiano.
Una pagina scritta con il sudore, la fatica e la speranza, all’insegna della solidarietà.
Una pagina che testimonia la forza di una comunità unita nella difesa dei propri diritti, un monito per il futuro, una promessa di giustizia.
Il presidio si sarebbe sciolto, i lavoratori sarebbero rientrati nelle loro postazioni, ma l’eco di quella battaglia avrebbe continuato a risuonare, alimentando la consapevolezza che, solo insieme, è possibile contrastare l’ingiustizia e costruire un futuro più equo.