L’installazione d’ingresso, una scultura immersiva a forma di barca dipinta di blu intenso, accoglie il visitatore nella mostra “Non è Stato il Mare”, un’esposizione pensata per celebrare il decennale di Sea Watch, l’organizzazione non governativa impegnata nel soccorso umanitario in mare.
L’invito è quello di varcare la soglia, di sperimentare in prima persona la densità, la claustrofobia e l’angoscia che caratterizzano i viaggi transoceanici delle imbarcazioni, spesso cariche oltre il limite, esposte a ogni condizione atmosferica.
Allestita presso la Fabbrica del Vapore di Milano fino al 28 settembre, la mostra si configura come un archivio vivente, un memoriale toccante che esplora non solo la storia di Sea Watch, ma anche le drammatiche conseguenze delle migrazioni forzate attraverso il Mediterraneo.
L’esperienza sensoriale è costruita attorno a tre nuclei tematici: testimonianze visive, documentazione storica e oggetti di uso quotidiano.
Video di soccorso, primissime pagine dei quotidiani che hanno dato voce alle tragedie in mare, i giubbotti di salvataggio – tra cui quelli minuscoli destinati ai neonati – i letti improvvisati per donne e bambini, gli strumenti utilizzati dai membri dell’equipaggio: tutto concorre a creare un quadro completo e commovente.
Particolarmente significativa è la presenza di manufatti recuperati dalla Sea Watch 3, ora conservati presso il Museo della Tecnica di Berlino, testimoni silenziosi di innumerevoli salvataggi.
La mostra non si limita a illustrare il modus operandi di Sea Watch; si propone di stimolare una riflessione profonda sui complessi meccanismi che innescano le migrazioni, sulle responsabilità individuali e collettive, e sulle scelte politiche che ne determinano gli esiti.
“Non è Stato il Mare” è un titolo carico di significato, un invito a smettere di attribuire le tragedie a forze naturali incontrollabili e a riconoscere il ruolo cruciale delle decisioni umane.
Come sottolinea la portavoce di Sea Watch, Giorgia Linardi, l’ostinata permanenza dell’organizzazione nel tempo è la tragica conferma che il vuoto istituzionale che Sea Watch ha cercato di colmare è tuttora presente, e si è trasformato in una scelta politica deliberata.
La curatrice della mostra, Elisa Medde, definisce “Non è Stato il Mare” un percorso transmediale, un intreccio di immagini, suoni, video e oggetti che mira a ridare centralità a una conversazione urgente e imprescindibile.
L’iniziativa si arricchisce di un ciclo di incontri con relatori di spicco.
Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori occupati palestinesi, interverrà il 9 settembre, mentre il 12 settembre sarà la volta di Carola Rackete.
Il 20 settembre, Ilaria Salis affronterà il tema delle carceri in dialogo con Luigi Manconi, offrendo una prospettiva ancora più ampia sulle dinamiche di marginalizzazione e ingiustizia che caratterizzano la contemporaneità.
“Non è Stato il Mare” si presenta quindi come un’esperienza immersiva, un’occasione di apprendimento e di riflessione, un appello a non dimenticare e a continuare a lottare per un futuro più giusto e umano.