Un’ombra gravissima si è addensata sull’amministrazione comunale di Milano, scuotendo dalle fondamenta la fiducia dei cittadini e sollevando interrogativi profondi sulla gestione della dignità umana e del rispetto per i defunti.
Un’indagine giudiziaria, sviluppatasi nel corso dell’anno, ha portato alla luce un quadro inquietante: sei dipendenti e ex dipendenti dell’Area servizi funebri e cimiteriali sono al centro di accuse pesantissime, che includono furto, ricettazione e, in un caso particolarmente sconvolgente, la sottrazione di un’arcata dentaria da una salma di una vittima di incidente stradale.
L’inchiesta, scaturita da una denuncia formale presentata da un familiare che aveva rilevato l’assenza di preziosi dalla salma di un proprio congiunto, ha innescato una serie di accertamenti condotti dalla Polizia Locale, sotto la direzione del PM Antonio Cristillo e della Vicequestore Bruna Albertini.
Le indagini, inizialmente focalizzate sulla denuncia specifica, hanno rapidamente ampliato il campo d’indagine, rivelando una dinamica molto più estesa e preoccupante.
La Squadra Interventi Speciali del Radiomobile della Locale, guidata dal Comandante Gianluca Mirabelli, ha svolto un ruolo cruciale nella ricostruzione degli eventi, verificando non solo furti avvenuti nelle camere mortuarie dell’obitorio di Piazzale Gorini, ma anche all’interno delle abitazioni dei defunti, spesso lasciate inalterate in attesa di disposizioni funerarie.
Al momento, sono stati ricostruiti sei episodi di furto, ma l’ipotesi è che il numero reale possa essere significativamente più alto, con episodi risalenti a periodi precedenti alla denuncia iniziale.
I presunti malfattori avrebbero materialmente alienato collane, orecchini, bracciali e altri gioielli, vendendoli a diversi compro oro dislocati a Milano e nell’hinterland.
Le indagini hanno permesso di recuperare ricevute di pagamento che, secondo gli inquirenti, correlano direttamente gli indagati ai furti.
La complessità dell’indagine ha richiesto un’approfondita analisi dei dispositivi elettronici – cellulari e computer – sequestrati nelle abitazioni dei sospettati, residenti tra Milano e Lodi.
L’esame forense di tali dispositivi potrebbe rivelare ulteriori dettagli sulle modalità operative del gruppo, le connessioni tra i membri e le destinazioni finali dei beni illecitamente acquisiti.
L’evento non si limita alla dimensione del mero crimine; solleva questioni etiche e morali fondamentali.
L’atto di profanare la dignità dei defunti e sfruttare la vulnerabilità dei familiari in lutto rappresenta una profonda trasgressione dei valori fondanti della convivenza civile.
L’inchiesta è in corso e si preannuncia la necessità di un’indagine interna rigorosa all’interno dell’amministrazione comunale per sanare eventuali falle organizzative e garantire il rispetto della memoria dei defunti e la serenità dei loro cari.
L’episodio pone un’urgente riflessione sulla necessità di rafforzare i controlli e implementare misure di sicurezza più stringenti all’interno dei servizi funebri e cimiteriali, non solo a Milano, ma in tutte le città.








