Questa mattina, il Centro Emofilia del Policlinico di Milano ha segnato una pietra miliare nella cura dell’emofilia B, somministrando per la prima volta in Italia una terapia genica innovativa, etranacogene dezaparvovec, approvata a livello internazionale.
Questo evento rappresenta un cambiamento radicale nel paradigma terapeutico per i pazienti affetti da questa condizione ereditaria, caratterizzata da una deficienza del fattore IX, essenziale per una corretta coagulazione del sangue.
La terapia, somministrata attraverso una singola infusione endovena, si basa sulla consegna di una copia funzionale del gene del fattore IX direttamente alle cellule del fegato del paziente.
Il fegato, agendo come una sorta di “biofabbrica”, inizia quindi a produrre autonomamente il fattore della coagulazione carente, bypassando la necessità di infusioni ripetute di fattore ricombinante, attualmente lo standard di cura.
Questo approccio elimina, o quantomeno riduce drasticamente, l’onere terapeutico e i rischi associati alle trasfusioni proteiche, come la generazione di anticorpi, l’allergia o la trasmissione di malattie infettive.
“Si tratta di un momento di grande significato per la nostra comunità scientifica e, soprattutto, per i pazienti emofilici,” ha commentato Flora Peyvandi, direttrice della Struttura Complessa di Medicina Interna – Emostasi e Trombosi del Policlinico.
“Questa terapia genica offre la prospettiva di una vita più libera, senza la costante necessità di monitoraggio e trattamenti profilattici.
Non si tratta semplicemente di correggere una carenza, ma di modificare il corso della malattia.
“L’emofilia B, insieme all’emofilia A (deficit del fattore VIII), rientra in un gruppo di malattie da carenza di fattori della coagulazione, spesso causate da mutazioni genetiche localizzate sul cromosoma X.
Queste mutazioni impediscono la corretta formazione del coagulo, portando a episodi di sanguinamento spontaneo o eccessivo in seguito a traumi.
La terapia genica, a differenza delle terapie tradizionali, mira a correggere la causa genetica sottostante, offrendo potenzialmente un beneficio duraturo.
L’introduzione di etranacogene dezaparvovec apre un nuovo capitolo nella ricerca terapeutica sull’emofilia, e potrebbe fungere da modello per lo sviluppo di terapie geniche per altre malattie ereditarie rare.
La sfida futura sarà monitorare l’efficacia a lungo termine della terapia e valutare la possibilità di estenderla ad un numero sempre maggiore di pazienti, garantendo al contempo un accesso equo a queste terapie innovative, che presentano costi significativi.
La precisione molecolare e il potenziale trasformativo di questo approccio riaprono la strada verso la cura, e non solo al sollievo dei sintomi, di malattie genetiche precedentemente considerate incurabili.




