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Terrazzamenti Medievali: Sapere Ancestrale per l’Agricoltura del Futuro

Il paesaggio appenninico settentrionale, apparentemente immobile nel tempo, custodisce in realtà un patrimonio di conoscenze ancestrali sull’adattamento ai cambiamenti climatici, un retaggio che risale al Medioevo e che oggi si rivela cruciale per l’agricoltura sostenibile.

Uno studio internazionale, con un contributo significativo dell’Università di Milano, ha svelato la genesi e l’evoluzione dei terrazzamenti agricoli di Vetto d’Enza, in provincia di Reggio Emilia, offrendo una prospettiva inedita su come le comunità locali abbiano saputo rispondere alle sfide ambientali nel corso dei secoli.

L’analisi, pubblicata su *Scientific Reports*, ha impiegato tecniche di luminescenza ottica sui minerali di quarzo, un metodo sofisticato che permette di datare con precisione il momento in cui un materiale è stato esposto alla luce solare.
Questa indagine ha permesso di collocare le prime fasi di costruzione dei terrazzamenti già nel IX secolo d.
C.

, un periodo storico caratterizzato da dinamiche ambientali complesse e da una crescente pressione antropica sul territorio.

I terrazzamenti non sono quindi un’improvvisazione, ma il risultato di una sapiente ingegneria agraria, concepita e affinata nel tempo.

L’espansione e la ristrutturazione dei terrazzamenti durante il cosiddetto “periodo caldo medievale” testimoniano la capacità di adattamento delle comunità locali a un clima più mite e favorevole.
Al contrario, la “piccola età glaciale”, con le sue temperature più rigide e le precipitazioni più abbondanti, ha imposto un’inversione di rotta, richiedendo un costante intervento di manutenzione e riqualificazione delle strutture, in particolare dei muri a secco e degli argini di contenimento.
“Questi terrazzamenti, oggi in parte in disuso, sono molto più che semplici relitti di un passato agricolo – sottolinea Filippo Brandolini, coordinatore dello studio – rappresentano un vero e proprio laboratorio a cielo aperto, una testimonianza tangibile di come le comunità locali abbiano modellato il paesaggio per affrontare pressioni ambientali, esigenze economiche e fluttuazioni demografiche.
“L’importanza di queste conoscenze è particolarmente rilevante nell’attuale contesto globale, segnato da un cambiamento climatico accelerato e da una crescente necessità di sviluppare pratiche agricole resilienti.

Il recupero e la valorizzazione di questi sistemi tradizionali, lungi dall’essere una mera operazione di conservazione del patrimonio culturale, si configurano come un’opportunità concreta per rafforzare la sostenibilità e la vitalità delle aree montane, offrendo soluzioni innovative per la gestione del suolo, la prevenzione dell’erosione e la promozione di un’agricoltura in armonia con l’ambiente.

L’esempio di Vetto d’Enza ci invita a riscoprire il valore del sapere locale, a trarre ispirazione dalle strategie di adattamento del passato e a costruire un futuro agricolo più sostenibile e resiliente.

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