La tragica scomparsa di un giovane lavoratore di soli 27 anni, avvenuta in un impianto Montello spa, solleva interrogativi urgenti e inaccettabili sulla sicurezza sul lavoro e sulle responsabilità aziendali.
La sua morte, strappato alla vita proprio mentre si affacciava al futuro, è un grido di dolore che non può essere silenziato, soprattutto in un contesto come quello bergamasco, segnato da un allarmante incremento di fatalità sul lavoro.
L’episodio, che ha visto la vittima coinvolta in un incidente con un rullo, avviene in un’azienda che contemporaneamente intende realizzare un inceneritore, un progetto che, a ragione, desta preoccupazioni e richiede un’attenta valutazione in termini di impatto ambientale e sociale.
La decisione di non sospendere immediatamente la produzione, come lamentato da Rifondazione Comunista, appare superficiale e rivela una pericolosa sottovalutazione del dolore e della rabbia collettiva.
Lo sciopero indetto dalla CGIL è un atto di dignità e una chiara denuncia di un sistema che, troppo spesso, antepone il profitto alla tutela della vita umana.
Non si tratta di un semplice incidente, ma di un sintomo di una più ampia crisi del lavoro, caratterizzata da una crescente precarizzazione, da ritmi produttivi insostenibili e da una riduzione degli investimenti in sicurezza.
I 19 decessi sul lavoro registrati in Bergamasco nel 2024 (dati provvisori) rappresentano una cifra agghiacciante, un monito costante che le attuali misure di prevenzione si rivelano insufficienti.
È imperativo un cambio di paradigma, che porti all’approvazione di una legge che riconosca gli omicidi sul lavoro come tali, attribuendo responsabilità penali precise ai dirigenti aziendali che, con negligenza o imprudenza, mettono a rischio la vita dei lavoratori.
È altrettanto cruciale incrementare significativamente il numero di ispettori del lavoro, dotandoli di risorse e poteri adeguati per effettuare controlli rigorosi e sanzionare le violazioni.
La logica spietata degli appalti e subappalti, che genera una catena di responsabilità nebulose e incentiva la riduzione dei costi a discapito della sicurezza, deve essere radicalmente superata.
La frammentazione del lavoro e la proliferazione di contratti a chiamata, spesso legati a condizioni di precariato e sottopagazione, creano un ambiente di lavoro altamente rischioso.
La tragedia del giovane lavoratore ci ricorda, con forza, che il lavoro deve essere un mezzo per vivere dignitosamente, non una sentenza di morte.
La sicurezza non è un optional, ma un diritto inviolabile, un dovere imprescindibile per ogni datore di lavoro.
È tempo di smettere di tollerare sacrifici umani sull’altare del profitto e di costruire un futuro del lavoro più giusto, sicuro e sostenibile.
Un futuro in cui la vita dei lavoratori sia finalmente al primo posto.




