Un’operazione complessa e ramificata, orchestrata da un trio di imprenditori – uno altoatesino, uno campano e un consulente fiscale napoletano – ha messo a nudo un sofisticato sistema di elusione fiscale e sfruttamento del lavoro in Trentino-Alto Adige, Veneto e Lombardia. Al centro della frode, un vorticoso giro di fatture false che ha permesso di comprimere drasticamente i costi del lavoro, consentendo di ricollocare i profitti illeciti attraverso una rete di società offshore.L’architettura criminale, ricostruita dalle indagini della Guardia di Finanza di Bolzano sotto la direzione della Procura, si configura come una piramide finanziaria articolata su diversi livelli, dove ogni anello era funzionale all’occultamento delle vere dinamiche del lavoro e alla massimizzazione del profitto. L’imprenditore altoatesino ha agito da tramite cruciale, interfacciandosi con le aziende committenti e assicurando la fornitura della manodopera, mentre quello campano ha curato gli aspetti finanziari e logistici, con il consulente fiscale a gestire la manipolazione dei documenti contabili.La base di questa struttura fraudolenta era costituita da un numero elevato di ditte individuali, vere e proprie “cassette di risonanza” create ad hoc e utilizzate per la sola emissione di fatture inesistenti. Persone, spesso in condizioni di fragilità economica, sono state indotte a formalizzare la titolarità di queste aziende dietro una modesta ricompensa, diventando involontarie complici di un sistema illegale. Queste società “fantasma” alimentavano cooperative che, a loro volta, fornivano la manodopera a prezzi irrisori, creando una distorsione del mercato del lavoro e sfruttando la vulnerabilità dei lavoratori.L’elusione fiscale assumeva dimensioni significative, con oltre 850 lavoratori somministrati in condizioni irregolari e un volume di fatture false che ha superato gli 80 milioni di euro. Il profitto illecito complessivo, stimato in oltre 14 milioni, testimonia l’ingente vantaggio economico derivante da questa attività criminale.A beneficiare direttamente di questo sistema erano numerose aziende della grande distribuzione, che, stando agli inquirenti, erano pienamente consapevoli della non genuinità dei contratti d’appalto. Attraverso questa operazione, le aziende committenti eludevano gli obblighi contrattuali previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, evitando l’assunzione diretta di personale e i relativi oneri (ferie, malattia, permessi). Inoltre, si liberavano dei costi amministrativi connessi alla gestione del personale dipendente e, soprattutto, ottenevano ingenti benefici fiscali grazie alla detrazione dell’IVA su fatture per operazioni inesistenti, trasformando un illecito in un vantaggio economico. L’operazione ha messo in luce come la competizione di mercato, se non regolamentata adeguatamente, possa incentivare comportamenti illegali a danno dei lavoratori e a danno dell’equità fiscale.
Truffa da 80 milioni: Un Trio Imprenditoriale Sfrutta Lavoro e Elude Fisco
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