Nel cuore delle Alpi retiche, nel Parco Nazionale dello Stelvio, si è aperta una finestra straordinaria sul passato remoto del nostro pianeta.
Una scoperta epocale, potenzialmente la più significativa per la paleontologia italiana dopo i rinvenimenti di Ciro, ha portato alla luce un vastissimo sito di orme di dinosauri, incastonate in pareti di dolomia erette, testimonianza di un ecosistema florido risalente a circa 210 milioni di anni fa, durante il Triassico Superiore.
Si tratta di una “valle dei dinosauri” di dimensioni inaudite per le Alpi, un corridoio paleontologico che si estende per chilometri e che, secondo il paleontologo Cristiano Dal Sasso del Museo di Storia Naturale di Milano, rappresenta un patrimonio scientifico di inestimabile valore, la cui esplorazione richiederà decenni di studio approfondito.
La difficoltà di accesso al sito, non raggiungibile tramite sentieri tradizionali, impone l’utilizzo di droni equipaggiati con tecnologie avanzate di telerilevamento per una mappatura e un’analisi dettagliate.
Le orme, eccezionalmente ben conservate, offrono un quadro vivido della vita di questi antichi erbivori.
Non si tratta di solitarie impronte, ma di vere e proprie “autostrade” lasciate da branchi in movimento coordinato, suggerendo comportamenti sociali complessi.
Alcune formazioni indicano aggregazioni di animali che si radunavano in cerchio, forse come meccanismo di difesa predatoria.
L’ambiente originario era radicalmente diverso da quello attuale: una pianura costiera lussureggiante, lambita dalle acque calde dell’Oceano Tetide, un mare interno che un tempo separava la placca africana da quella euroasiatica, creando condizioni climatiche subtropicali.
La presenza di piane di marea che si estendevano a perdita d’occhio suggerisce una geografia molto diversa da quella che conosciamo oggi.
L’imponente verticalezza delle pareti rocciose che custodiscono le orme è una conseguenza dei successivi eventi geologici che hanno portato all’innalzamento della catena alpina, deformando il paesaggio originario.
La scoperta, resa possibile dall’occhio attento del fotografo naturalista Elio Della Ferrera durante un’escursione nella Valle di Fraele, assume un significato particolare in vista dei Giochi Olimpici Invernali Milano-Cortina 2026, proiettando la Valtellina e le sue ricchezze paleontologiche in un contesto di visibilità globale.
Le analisi preliminari suggeriscono che le orme siano state lasciate da dinosauri prosauropodi, un gruppo di erbivori dal collo lungo e testa piccola, considerati antenati diretti dei successivi sauropodi, come il celebre brontosauro.
Questi animali, di costituzione robusta, possedevano artigli affilati sia sulle zampe anteriori che su quelle posteriori.
Alcune specie potevano raggiungere i dieci metri di lunghezza e sono già state rinvenute in altre aree geografiche, come Svizzera e Germania, confermando la distribuzione di queste forme di vita nel Triassico superiore.
L’analisi comparata delle orme ritrovate in Stelvio con quelle di altre località potrebbe fornire ulteriori indizi sulla loro precisa classificazione tassonomica e sulla loro evoluzione.
La ricerca continua, con la speranza di scoprire nuovi dettagli e di ricostruire in modo sempre più accurato la vita di questi straordinari animali che un tempo popolavano le nostre montagne.




