Il panorama cinematografico italiano delinea un quadro complesso e persistentemente sbilanciato, come evidenziato dal quinto rapporto dell’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica.
I dati, presentati alla Biennale di Venezia nell’ambito del seminario annuale dedicato all’uguaglianza di genere e all’inclusione, rivelano un divario marcato tra uomini e donne in quasi tutti i ruoli tecnici e creativi, un fenomeno amplificato, sebbene non direttamente causato, dalla recente sospensione del tax credit che ha frenato la produzione nazionale.
L’analisi si concentra su undici professioni chiave, e il risultato è preoccupante: otto di esse rimangono dominate dalla presenza maschile.
Sebbene si registrino sacche di maggiore rappresentanza femminile nei reparti costumi (78%), trucco (69%) e scenografia (57%), la fotografia (87% uomini), la direzione musicale (90%), il suono (92%) e, soprattutto, la regia (80%) restano terreno quasi esclusivamente maschile.
Questo squilibrio non si traduce solo in una minor opportunità di lavoro per le donne, ma rischia di impoverire la stessa industria cinematografica, privandola di prospettive e sensibilità diverse.
Un aspetto cruciale emerso dal rapporto è la disparità economica.
I film diretti da donne tendono a ricevere finanziamenti inferiori, con una percentuale significativa (27%) che si attesta al di sotto dei 200.000 euro.
Questa limitazione finanziaria incide non solo sulla qualità e l’ambizione dei progetti, ma anche sulla capacità delle registe di sviluppare una carriera sostenibile.
Paradossalmente, negli ultimi otto anni, il costo medio dei film firmati da registe è aumentato a un ritmo superiore rispetto a quello dei lavori realizzati da uomini, suggerendo una crescente richiesta di progetti femminili, che però faticano a trovare il sostegno economico necessario.
L’evoluzione del panorama cinematografico italiano mostra anche segnali incoraggianti.
Nonostante la focalizzazione storica delle registe sui documentari, si è assistito a un incremento rilevante di fiction a regia femminile tra il 2017 e il 2024.
Questo cambiamento indica un desiderio di ampliare le opportunità creative e di raccontare storie più diversificate, ma sottolinea anche la necessità di politiche attive per sostenere e promuovere il lavoro delle registe.
L’Università Cattolica, consapevole del ruolo cruciale della formazione e della promozione culturale, parteciperà a ulteriori iniziative per affrontare queste sfide.
Il Master Almed in Management dell’Immagine, del Cinema e dell’Audiovisivo (MICA) e il M.
B.
AD.
Master in Business Dell’Audiovisivo si impegnano in discussioni e workshop per valorizzare il cinema italiano e affrontare le sfide formative del settore.
Un focus particolare sarà dedicato alla regione Lombardia, con un evento dedicato a esaminare il ruolo della regione come polo cinematografico e le opportunità per promuovere la parità di genere e l’inclusione.
L’attenzione congiunta delle istituzioni accademiche, delle figure chiave della filiera (come l’Assessore Regionale alla Cultura, la Direttrice Almed Università Cattolica e la Sottosegretaria all’Istruzione) e della Lombardia Film Commission, segnala un impegno collettivo a superare le disuguaglianze di genere e a costruire un’industria cinematografica italiana più equa, innovativa e rappresentativa della ricchezza culturale del paese.