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Felice Magliano: Un No che Illumina la Memoria degli Internati

“Un No’ che Illuminava la Notte: La Voce di Felice Magliano e l’Eredità degli Internati Militari”Il silenzio, spesso più assordante della battaglia, ha a lungo avvolto la storia degli internati militari italiani, uomini e donne imprigionati nei campi di concentramento tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale.

Una pagina cruciale e dolorosa, troppo a lungo relegata ai margini della memoria collettiva, ora emerge grazie a iniziative come la prima Giornata degli Internati Militari Italiani e, in modo significativo, attraverso il libro di Lorella Beretta, “La luna al suo comando”.
L’opera, edita da Castelvecchi, offre un ritratto vivido e commovente di Felice Magliano, uno dei sessantamila soldati italiani che rifiutarono l’adesione forzata alle forze armate tedesche e poi alla Repubblica Sociale Italiana, dopo l’Armistizio di Badoglio.

L’intervista, condotta da Beretta poco prima della scomparsa di Magliano, avvenuta a San Giovanni a Piro nel luglio 2022, è un testamento di resilienza, dignità e profonda lealtà verso la patria.

Magliano, ex bracciante e militare catturato in Montenegro, racconta con lucidità e un orgoglio ferito l’esperienza traumatica dei campi di concentramento.
Il capitolo “No!”, titolo emblematico della resistenza silenziosa degli internati, risuona come un atto di coscienza, un rifiuto categorico di compromettere i propri principi.

Le parole di Magliano – “Io la mia Patria non la tradivo, e dissi di no!” – rivelano una profonda consapevolezza del significato di libertà e indipendenza, un valore superiore a qualsiasi imposizione ideologica o militare.

L’insulto “badogliani”, lanciato dai tedeschi, divenne per lui un simbolo di orgoglio, un rifiuto di schierarsi con un regime oppressivo e violento.
Il libro non si limita a ricostruire l’esperienza del campo.
Attraverso le toccanti lettere della moglie Gaetana Mangia, conosciuta affettuosamente come “Tanella”, emergono i momenti di intimità, la forza dell’amore che sostenne Magliano durante l’inferno della prigionia, e i versi poetici che esprimono la sua devozione.

Il verso che dà il titolo al libro, “Ha la bellezza del sole / la luna al suo comando la fa stare”, evoca un’immagine di bellezza e serenità interiore, un rifugio dalla brutalità della guerra.

La narrazione si arricchisce inoltre con la menzione di altre figure di spicco, intellettuali e scrittori come Tonino Guerra, Giovanni Guareschi e Mario Rigoni Stern, anch’essi internati.

Questa connessione sottolinea l’ampiezza e la diversità del movimento di resistenza silenziosa, un contributo essenziale alla lotta per la liberazione dell’Italia, riconosciuto anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
La prefazione di Liliana Segre, a sua volta testimone di un’esperienza simile, offre una riflessione amara sulla marginalizzazione storica degli internati.
La sua esperienza condivisa con il marito Alfredo Belli, rivela una consapevolezza del perché la loro storia sarebbe stata relegata nell’ombra, vittima di strumentalizzazioni politiche e pregiudizi ideologici.
La destra avrebbe etichettato gli internati come traditori, la sinistra come figure ambigue e poco degne di riconoscimento.
L’eredità di Felice Magliano, e quella di tutti gli internati militari italiani, ci interroga sulla natura della memoria e sulla necessità di recuperare storie scomode, storie che sfidano narrazioni ufficiali e ci invitano a riflettere sui costi umani della guerra.

La ripetuta esortazione di Magliano, “nunn’i facìti, ‘i ‘uerre.

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aviti capit?”, rivela una disperata richiesta di comprensione, un appello universale per un futuro senza violenza e ingiustizia.
È un monito per le generazioni future, un invito a non dimenticare il prezzo della libertà e a impegnarsi per un mondo più giusto e pacifico.

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