Il contrasto, fulminante e breve come un lampo, ha illuminato la serata dei Cnmi Sustainable Fashion Awards, un evento che si celebrava tra le solenni mura del Teatro alla Scala.
Un gesto spontaneo, quello di una sua invitata, ha fatto convergere due realtà apparentemente distanti: l’impegno incessante degli attivisti del presidio permanente “100 Piazze per Gaza” e l’establishment del mondo della moda, riunito per premiare l’eccellenza nella sostenibilità.
L’immagine, impressa per un istante, ha incarnato la tensione tra l’etica del consumo consapevole e la responsabilità morale di fronte a un conflitto che dilania un intero popolo.
La bandiera palestinese, afferrata in un gesto di solidarietà da una delle presenti, ha rappresentato una voce dissonante in una serata che ambiva a celebrare l’armonia e l’innovazione.
Le richieste degli attivisti, provenienti dall’accampamento milanese, erano state chiare: un accesso al palco, un minuto di tempo per portare all’attenzione del pubblico la gravità della crisi umanitaria in Palestina, un’emergenza che si estende ben oltre i confini geografici e si intreccia con i valori di giustizia e dignità umana.
La loro assenza dal palcoscenico è stata percepita come una deliberata omissione, un silenzio assordante che tradisce i principi di equità e compassione.
Il messaggio degli attivisti è stato veemente: la moda, intesa come espressione artistica e culturale, non può ignorare il dramma palestinese; anzi, la solidarietà e l’impegno etico dovrebbero essere elementi imprescindibili di un approccio veramente sostenibile.
Non è concepibile promuovere pratiche virtuose in ambito ambientale e sociale, senza affrontare le ingiustizie e le violazioni dei diritti umani che affliggono il mondo.
Il presidio ad oltranza, una promessa solenne, testimonia la determinazione a non cedere di fronte all’indifferenza e alla pressione.
Si tratta di una rivendicazione non solo di visibilità, ma di un cambio di paradigma, un invito a ripensare il ruolo della moda come agente di cambiamento sociale e culturale, capace di amplificare voci silenziate e di promuovere un futuro più giusto e inclusivo per tutti.
La serata alla Scala, paradossalmente, ha offerto una potente, seppur fugace, rappresentazione della necessità di un dialogo più ampio e di un impegno più profondo.