La cerimonia di conferimento della laurea honoris causa in Musica, Culture, Media e Performance ad Ornella Vanoni all’Università Statale di Milano si è configurata come un evento ibrido, un caleidoscopio di ritualità accademica e spontaneità artistica, capace di trascendere la mera consegna di un titolo per divenire una celebrazione a tutto tondo di una vita intensa e complessa. L’atmosfera era densa di attesa, palpabile nel fervore degli studenti che assediavano l’ingresso, un tributo vivace a una figura che ha incarnato, per generazioni, un’icona di stile, talento e intelligenza.Alle ore 17, con la precisione tipicamente milanese, Ornella Vanoni è entrata nell’aula magna, un’apparizione solenne amplificata dall’abito accademico, un mantello nero solcato da una fascia fosforescente che ne accentuava l’aura di unicità. Il gesto di alzarsi in piedi, unanime, ha creato un momento di profonda emozione, amplificato dalla visibile commozione dell’artista, tenuta a freno da una forza d’animo leggendaria. Il protocollo ha seguito il suo corso: le parole della rettrice Marina Brambilla, del direttore dei Beni Culturali e Ambientali Giorgio Zanchetti e del presidente del Collegio didattico Emilio Sala, hanno tessuto una lodevole tela di aggettivi che ne esaltavano l’ingegno, l’ironia, la profonda sensibilità artistica e l’acuta intelligenza. Ma è stato quando, accomodandosi su una poltrona sul palco, che la vera Ornella Vanoni è emersa, una figura sfaccettata che ha saputo mescolare la professionalità di un’attrice consumata con la vulnerabilità di un’anima autentica.La sua confessione, disarmante nella sua semplicità, ha illuminato la sala. “Se i miei genitori potessero vedermi, impazzirebbero di gioia! Io mi sono sempre sentita una cialtrona, ignorante…”. Questa autocritica, apparentemente modesta, ha rivelato una profonda consapevolezza di sé e una capacità di trasformare le fragilità in punti di forza. L’incontro con Giorgio Strehler, figura chiave nella sua evoluzione intellettuale, è stato il catalizzatore di una sete di conoscenza inarrestabile, un percorso di studio appassionato che l’ha portata a immergersi in opere complesse, persino in Trockij in lingua tedesca. Un percorso che, pur non conducendola a recitare direttamente sul palcoscenico, ha arricchito profondamente il suo bagaglio culturale.L’artista ha poi espresso una riflessione sulla natura dell’ego artistico, sottolineando la sua assenza in sé stessa, preferendo celebrare i successi legati ai concerti e agli spettacoli. Ha ripercorso, con un sorriso, l’incontro fortuito con Gino Paoli, l’uomo che le ha regalato le note che hanno segnato un’epoca. La conclusione, teatrale e provocatoria – “Sono qua. Crocifiggetemi” – ha suscitato un’onda di applausi e ha precedito la consegna della pergamena e del mazzo di fiori gialli, simbolo di rinascita e speranza.Tra i presenti, un parterre di personalità illustri: la senatrice Liliana Segre, legata all’artista da un’amicizia inaspettata, il giornalista Marco Travaglio, il conduttore Fabio Fazio affiancato dalla comica Luciana Littizzetto, il cantautore Mahmood e il compositore Mario Lavezzi, tutti testimoni di un momento unico, una celebrazione della longevità artistica e della capacità di reinventarsi, di rimanere fedeli a se stessi pur evolvendo costantemente. La laurea honoris causa non è stata solo un riconoscimento accademico, ma un omaggio a una donna che ha saputo, con intelligenza, coraggio e un pizzico di autoironia, lasciare un segno indelebile nella cultura italiana.
Vanoni, Dottore Honoris Causa: Un Tributo a una Vita d’Arte e Intelligenza
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