All’interno della stazione Lancetti, a Milano, si dispiega un’esperienza performativa che interroga il nostro rapporto col tempo, lo spazio e la creazione artistica.
Venerus, figura emergente nel panorama musicale, ha scelto di occupare lo spazio Serra, una serra urbana, per un periodo di quattro giorni, offrendo al pubblico un’opportunità unica di osservazione diretta e streaming continuo.
Non si tratta di una semplice residenza artistica, ma di un’immersione radicale, un atto di resistenza al ritmo frenetico della vita contemporanea.
L’artista, scegliendo la trasparenza come principio guida, ha deliberatamente reso la propria opera visibile, pubblica, costantemente accessibile.
Questa scelta mette in discussione la natura spesso elitaria dell’arte, invitando una fruizione partecipativa e democratica.
Lo spazio Serra, ridotto all’essenziale – acqua, cibo in scatola, vernice, un pennello – si configura come un laboratorio di creazione, un palcoscenico intimo eppure aperto al mondo.
Venerus, attraverso un ciclo ripetitivo e apparentemente infinito, scrive e cancella testi inediti sulle pareti di vetro.
Questo gesto, apparentemente semplice, è carico di significato.
Rappresenta la precarietà dell’esistenza, la natura effimera della creazione, la lotta per dare forma al pensiero in un mondo dominato dalla fugacità.
Il cancellare, in questo contesto, non è una negazione, ma una liberazione, un invito a ricominciare, a purificare lo sguardo e la mente.
Le parole che appaiono e scompaiono diventano specchi riflettenti, stimolano la riflessione del pubblico sulla propria condizione, sull’assurdità di un mondo in costante movimento, sull’importanza di rallentare per ritrovare un senso.
L’azione performativa si traduce in un’occasione per contemplare la fragilità umana, la ricerca di significato in un’epoca di incertezza.
“Voglio verificare se il tempo e lo spazio realmente esistono,” confessa Venerus, esprimendo un’inquietudine profonda, un desiderio di ancoraggio in un mondo sempre più virtuale e disorientante.
La performance è un tentativo di sondare l’essenza dell’essere, di trovare un punto fermo in un mare di relativismo.
La “flebile fiammella” che continua a brillare dentro di lui, nonostante la confusione e la perdita di riferimenti, è la speranza, la forza motrice che lo spinge a continuare la ricerca, a creare, a dare forma alla propria visione, anche a costo di un’esperienza solitaria e vulnerabile, esposta agli occhi del mondo e, talvolta, all’indifferenza.
È un inno alla resilienza, alla capacità di reinventarsi, di trovare la bellezza e il significato anche nelle piccole cose, anche in un gesto ripetitivo e apparentemente insignificante come scrivere e cancellare parole su una parete di vetro.