‘Con Hasan a Gaza’: un’eco dal passato, un grido per il futuroKamal Aljafari presenta al mondo “With Hasan in Gaza”, un’opera che si qualifica come un omaggio struggente all’umanità, un documentario intriso di memoria e urgenza, nato dalla riscoperta fortuita di tre videocassette dimenticate per oltre vent’anni.
Il film, inaugurazione del Concorso Internazionale del Locarno Film Festival, non è semplicemente un documentario, ma un frammento di vita recuperato, un archivio emotivo che emerge dalle tenebre di un passato recente, eppure eternamente attuale.
Il viaggio di Aljafari attraverso Gaza, nel 2001, si rivela non solo un itinerario geografico, ma un percorso nell’anima di un popolo.
“La vita è misteriosa”, confida il regista, sottolineando la singolarità del momento in cui i nastri, dimenticati in un cassetto, hanno deciso di riaffiorare.
Un gesto quasi provvidenziale, che conferisce al cinema un significato profondo, la capacità di testimoniare e preservare la memoria di comunità minacciate dall’oblio.
L’opera si configura come un diario intimo, un video di famiglia arricchito dalla lente del documentarista.
La motivazione iniziale del viaggio era la ricerca di un compagno di detenzione, Hasan, incontrato in prigione nel 1989.
Ma ciò che emerge dalle immagini è molto più ampio: un mosaico di volti, di sorrisi infantili che implorano di essere catturati dalla macchina da presa, di piccoli gesti quotidiani, di giochi di carte che si svolgono sotto una coltre di paura.
Il suono dei bombardamenti, la spietata cronaca di spari notturni, si fondono con la risata dei bambini, creando una dissonanza straziante che incanala l’esperienza di un popolo assediato.
Donne coraggiose, simbolo di resilienza, accolgono Aljafari nelle loro case, offrendo rifugio dietro muri di sacchi di sabbia, un abbraccio fragile in un contesto di violenza inaudita.
Oltre le barriere, all’orizzonte, si ergono le bandiere israeliane e le costruzioni degli insediamenti, monito costante di una presenza oppressiva.
“With Hasan a Gaza” è un profondo esercizio di memoria, un viaggio nel tempo che svela l’incredibile capacità del passato di riemergere inaspettatamente.
Aljafari descrive la sua esperienza di visione iniziale come un momento di smarrimento, un’amnesia temporanea di fronte alla potenza delle immagini.
In una lettera al collega Alessandro Gagliardo, condivisa insieme al film, il regista esprime il suo sdegno e la sua rabbia, denunciando l’inazione e la complicità internazionale.
La scoperta dei nastri, nel luglio del 2024, coincide con un’escalation di violenza a Gaza, descritta come equivalente a un attacco atomico.
Un anno dopo, la devastazione è stata amplificata, raggiungendo proporzioni inimmaginabili.
La richiesta di Aljafari è un appello urgente: la necessità di creare musei dedicati al genocidio palestinese in ogni angolo del mondo, anche nei paesi che hanno contribuito attivamente alla tragedia, sostenendo i responsabili e fornendo loro le armi necessarie.
Un grido di giustizia, un invito a non dimenticare, a non dimenticare mai.