L’erosione del tessuto bancario italiano, già preoccupante, rischia di accelerare in modo drammatico con potenziali operazioni di aggregazione, in particolare con la prospettiva di una fusione tra Banco Bpm e Crédit Agricole Italia.
Il XIV rapporto della Fondazione Fiba di First Cisl traccia un quadro allarmante: nei primi nove mesi del 2025, il sistema bancario nazionale ha visto la chiusura di 268 filiali, un decremento dell’1,4% rispetto alla situazione di fine 2024, una tendenza destinata a intensificarsi nel quarto trimestre.
Questa contrazione non è un fenomeno isolato, ma il risultato di una complessa interazione di fattori strutturali e contingenti.
La desertificazione bancaria, che vede 3.419 comuni privi di sportelli – oltre il 43% del totale – è aggravata da una strategia di consolidamento aggressiva da parte delle banche stesse, un fenomeno definito “risiko bancario”.
L’acquisizione della Popolare di Sondrio da parte di Bper, ad esempio, ha portato all’annuncio di un’operazione di accorpamento di 90 filiali nel Nord Italia, superando di gran lunga le prescrizioni dell’Antitrust.
La potenziale integrazione tra Banco Bpm e Crédit Agricole Italia rappresenta un punto di svolta critico.
La creazione di un polo bancario di tale dimensioni (circa 2.425 filiali), terzo per numero di sportelli a livello nazionale, solleva serie preoccupazioni.
Le regioni Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna, aree con una significativa presenza di entrambe le banche, sarebbero particolarmente esposte a drastici ridimensionamenti della rete agenziale.
Tuttavia, le ripercussioni di un’operazione così ampia andrebbero ben oltre la semplice riduzione del numero di filiali.
La sovrapposizione di reti in territori chiave creerebbe un contesto favorevole a ulteriori licenziamenti, con un impatto diretto sull’occupazione e sulla stabilità economica delle comunità locali.
Si tratterebbe di una vera e propria “cannibalizzazione” del sistema bancario, con la perdita di competenze specialistiche e la diminuzione dei servizi offerti alla clientela, in particolare alle piccole e medie imprese e ai privati cittadini.
L’argomento cruciale non è solo quello della quantificazione delle filiali, ma della qualità del servizio bancario.
La presenza fisica di una filiale rappresenta un punto di riferimento essenziale per la gestione delle finanze personali e aziendali, soprattutto in aree rurali e periferiche.
La sua scomparsa comporta l’esclusione finanziaria di una parte della popolazione, con conseguenze sociali ed economiche rilevanti.
La First Cisl, attraverso la voce del suo segretario Riccardo Colombani, si oppone fermamente a questa prospettiva, auspicando un approccio più responsabile e sostenibile, che tenga conto del bene comune e non solo degli interessi economici delle banche.
È imperativo che le autorità di vigilanza e l’Antitrust valutino attentamente le implicazioni sociali ed economiche di queste operazioni, garantendo la tutela dei lavoratori e la continuità dei servizi bancari sul territorio nazionale.
La resilienza del sistema bancario italiano dipende dalla sua capacità di rimanere radicata nel tessuto sociale ed economico del Paese, non dalla sua capacità di ridurre al minimo i costi attraverso licenziamenti e chiusure.







