Un atto di memoria dissonante si erge nel cuore di Milano, a pochi passi dal suntuoso teatro Dal Verme, dove si apprestava a celebrare l’onorificenza degli Ambrogini d’Oro.
Un manifesto, affisso sull’edicola di una via affollata, si poneva in netto contrasto con la solennità della cerimonia comunale, evocando il nome di Ramy Elgaml, la giovane vita spenta nel quartiere Corvetto a seguito di un tragico inseguimento con i carabinieri.
L’opera, a cura dell’artista Cristina Donati Meyer, non era un semplice tributo, ma una dichiarazione.
Un grido silenzioso che si levava contro una decisione istituzionale percepita come profondamente inappropriata: la premiazione del Nucleo Radiomobile dei Carabinieri di Milano, un reparto al centro di indagini relative alla morte di Ramy.
L’immagine ritraeva Ramy, non come vittima passiva, ma come simbolo di speranza e di richiesta: il ragazzo, raffigurato con il gesto della vittoria, stringeva un cartello recante la potente frase: “Chiediamo pane e cultura e ci date polizia”.
Un’accusa velata, una denuncia della frustrazione che anima le periferie, dove le promesse di progresso e opportunità si scontrano con la realtà di un controllo sempre più invasivo.
L’artista, sui suoi canali social, ha espresso un dissenso categorico, sottolineando la necessità di un atto di memoria prima di qualsiasi celebrazione.
“Quando la verità resta sospesa, celebrare è un gesto di pericolosa leggerezza”, ha affermato, evidenziando la dissonanza tra la solennità dell’Ambrogino e la gravità delle domande che ancora aleggiano sulla vicenda di Ramy.
L’arte, in questo contesto, assume il ruolo di testimone scomodo, di voce per chi non ne ha, di memoria collettiva che si rifiuta di essere silenziata.
Un altro affresco artistico è stato realizzato nel quartiere Corvetto, un gesto volto a mantenere viva l’attenzione sulla vicenda e a ricordare a tutti che la giustizia, per essere tale, deve essere imparziale e trasparente.
L’iniziativa, ben lontana da un’azione di protesta violenta, si configura come un invito alla riflessione, un monito a non dimenticare e a continuare a interrogarsi sulle cause profonde di una tragedia che ha segnato profondamente la città.
La presenza del manifesto, in un luogo simbolo come un’edicola, ne amplifica l’impatto, trasformandolo in un elemento di dibattito pubblico e in un richiamo alla responsabilità istituzionale.




