L’episodio che ha visto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, venire a conoscenza della propria indagine attraverso un articolo di giornale solleva questioni profonde e preoccupanti circa il rapporto tra potere, trasparenza e diritto alla difesa nel contesto istituzionale.
La rivelazione mediatica, anziché la comunicazione diretta da parte dell’autorità inquirente, mina irrimediabilmente i principi fondamentali di correttezza procedurale e dignità della persona.
La vicenda, inquadrata in un’indagine più ampia riguardante pratiche urbanistiche, addossa al sindaco accuse di false dichiarazioni concernenti l’identità o le qualità personali, e di induzione indebita a promettere o erogare benefici.
La questione del “Pirellino”, un progetto immobiliare rimasto in stand-by per sei anni, esemplifica le complessità gestionali e le divergenze che possono sorgere in processi decisionali complessi.
L’affermazione del sindaco, che sottolinea la mancanza di accordo e la discussione continua, suggerisce una dinamica più articolata rispetto alla semplice accusa di induzione.
Il nodo cruciale risiede nella percezione, ormai radicata nell’opinione pubblica, di un sistema in cui le informazioni sensibili, destinate a coinvolgere figure istituzionali di primo piano, vengono gestite in modo opaco, alimentando sospetti e minando la fiducia nelle istituzioni.
Questa prassi, se confermata, non solo viola il diritto del diretto interessato a ricevere comunicazione tempestiva e corretta, ma compromette l’imparzialità dell’inchiesta stessa.
La seconda contestazione, relativa alla nomina di Marinoni e alla composizione della Commissione Paesaggio, evidenzia una separazione formale, ma forse non sostanziale, tra l’azione del sindaco e le decisioni operative dell’amministrazione comunale.
La delega alla selezione dei membri della Commissione a una struttura interna del Comune, sebbene apparentemente in linea con una gestione efficiente, può generare zone grigie e difficoltà nel tracciamento delle responsabilità.
L’affermazione del sindaco di non aver mai avuto il numero di Marinoni, pur mirata a rafforzare la sua estraneità, lascia spazio a interpretazioni divergenti e solleva interrogativi sulla reale conoscenza della sua amministrazione sulle dinamiche interne alla Commissione.
L’incidente, al di là delle accuse specifiche, pone una questione di principio: la necessità di una revisione dei protocolli di comunicazione tra le autorità giudiziarie e le figure istituzionali coinvolte in indagini.
È imprescindibile che l’informazione raggiunga direttamente l’interessato, garantendo il diritto di replica, la possibilità di preparare una difesa e, soprattutto, preservando la presunzione di innocenza.
Solo attraverso una maggiore trasparenza e una comunicazione più efficace si potrà ristabilire un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni, e assicurare che l’esercizio del potere sia esercitato in modo equo e responsabile.
Il silenzio, in questi frangenti, è un danno per tutti.