La tragica scomparsa del volo Air India 118, precipitato nell’Oceano Indiano il 12 agosto 1992, continua a generare interrogativi e a stimolare nuove analisi.
Recenti rivelazioni, emerse da un’indagine approfondita del *Wall Street Journal*, focalizzano l’attenzione su un elemento cruciale e finora marginalizzato: le dinamiche decisionali e il comportamento del comandante Roger Albanese.
L’inchiesta, basata su documenti inediti e interviste a ex dipendenti di Air India, suggerisce che la catena di eventi che portarono alla perdita del velivolo fu più complessa di quanto precedentemente ammesso.
Mentre le cause ufficiali attribuivano la responsabilità a un errore di navigazione dovuto a una serie di fattori, tra cui un malfunzionamento del sistema di posizionamento globale (GPS) e una confusione di istruzioni, il *Wall Street Journal* solleva dubbi significativi sul ruolo del comandante.
Secondo le nuove evidenze, Albanese, un pilota con una vasta esperienza, avrebbe manifestato segni di crescente stress e affaticamento nelle ore precedenti al volo.
Testimonianze descrivono un comandante taciturno e introverso, meno incline a comunicare con il suo equipaggio e a delegare compiti.
Inoltre, l’inchiesta riporta che il comandante avrebbe ignorato avvisi di pericolo provenienti dai controllori di volo, insistendo su una rotta che si rivelò pericolosamente vicina a una zona di forti correnti ascensionali.
Un aspetto particolarmente rilevante riguarda la gestione delle comunicazioni in inglese, la lingua ufficiale del volo.
L’indagine suggerisce che la comprensione reciproca tra il comandante, i copiloti e il controllore di volo potrebbe essere stata compromessa, contribuendo all’accumulo di incomprensioni e potenziali errori.
La pressione per rispettare un rigido programma di volo, unita alla cultura aziendale che scoraggiava la richiesta di ritardi o deviazioni, avrebbe ulteriormente accentuato la situazione.
L’inchiesta del *Wall Street Journal* non mira a individuare un unico colpevole, ma a ricostruire il contesto decisionale in cui si è verificato l’incidente.
Mette in luce la complessità dei fattori umani, le dinamiche di potere all’interno del cockpit, e l’importanza di una comunicazione chiara ed efficace, soprattutto in ambienti operativi ad alta pressione.
La vicenda Air India 118 rappresenta un monito per l’industria aerea: la sicurezza non può essere compromessa dalla fretta, dalla pressione e da una cultura aziendale che penalizza l’iniziativa e l’affermazione del giudizio professionale.
La nuova luce gettata dal *Wall Street Journal* riapre il dibattito e sollecita una revisione delle procedure di addestramento e di valutazione degli equipaggi, al fine di prevenire tragedie simili in futuro.
La ricerca della verità, seppur tardiva, è un dovere nei confronti delle vittime e delle loro famiglie, e un imperativo per il progresso della sicurezza aerea globale.
L’eredità di Air India 118 deve essere un impegno continuo verso una cultura della trasparenza, della responsabilità e del miglioramento costante.