Le strutture sanitarie della Striscia di Gaza sono al collasso, sommerse da un’ondata di sofferenza umana che si intensifica giorno dopo giorno. Rapporti provenienti dal territorio, aggregati dalle agenzie di stampa palestinesi, indicano un drammatico aumento dei decessi e dei feriti nelle ultime ventiquattro ore: cento e tre vittime e duecentonove feriti sono stati referenziati negli ospedali, ridotti a strutture operative con capacità drasticamente compromesse. Questi numeri, pur tragici, si inseriscono in un contesto di devastazione più ampio, dove il bilancio complessivo, dal sorgere del conflitto, ha superato la soglia dei cinquantaseimila e duemilacinquantanove decessi, con oltre centotrentedue mila e quattromila cinquantotto persone che hanno subito ferite di varia gravità.La progressione di questa catastrofe è particolarmente preoccupante se si considera l’escalation degli eventi a partire dal diciottesimo marzo 2025, data in cui le operazioni militari israeliane hanno ripreso con rinnovata intensità. In questo arco temporale, le perdite civili si attestano a cinquemilanovecentotrentasei, un numero che riflette la precarietà delle condizioni di vita nella Striscia e la difficoltà di distinguere, in un contesto di guerra, tra obiettivi militari e aree popolate. I feriti civili, ventimilaquattrocentosedici, si trovano a confrontarsi con un sistema sanitario esangue, dove la carenza di farmaci, attrezzature mediche e personale qualificato rende l’assistenza vitale un’impresa ardua.Le implicazioni di questa crisi umanitaria trascendono i meri numeri. La distruzione delle infrastrutture civili, la perdita di vite umane, l’impatto psicologico sulle popolazioni, soprattutto sui bambini, lasciano cicatrici profonde e durature. La capacità di ricostruire Gaza, non solo in termini materiali ma anche sociali e psicologici, richiederà un impegno internazionale significativo e una volontà politica che metta al centro il rispetto dei diritti umani e la ricerca di soluzioni pacifiche. La persistente carenza di accesso umanitario, le restrizioni alla circolazione di persone e merci, contribuiscono ad aggravare la situazione, alimentando un circolo vizioso di sofferenza e disperazione. La comunità internazionale è chiamata a intensificare gli sforzi per garantire la protezione dei civili, facilitare l’accesso degli aiuti umanitari e promuovere un dialogo costruttivo che porti a una risoluzione duratura del conflitto.