All’interno di Hamas, una riflessione profonda e inedita sta animando le gerarchie del movimento, un processo di auto-analisi che si estende ben oltre i confini geografici della Striscia di Gaza, coinvolgendo figure chiave sia all’interno che all’esterno del territorio palestinese.
L’ipotesi, attualmente in fase embrionale, contempla una radicale trasformazione: l’eventuale dismissione delle braccia armate a favore di una piattaforma politica strutturata, con la vocazione di rappresentare una visione islamica nazionale integrata nel tessuto palestinese.
Questa evoluzione, come riferisce una fonte interna al movimento, in forma anonima al quotidiano Asharq Al-Awsat, riflette una presa d’atto impietosa: la fiducia popolare, erosa da due anni di conflitto e da un bilancio di vittime incalcolabile, ha subito un declino significativo.
Il documento in bozza, ancora oggetto di dibattito, prospetta una riconciliazione palestinese di ampio respiro.
Ciò implica non solo la riavvicinamento tra le diverse fazioni, ma anche una possibile reintegrazione di Hamas all’interno dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), attualmente guidata da Abu Mazen, figura centrale dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Questa mossa strategica segnerebbe un cambiamento epocale, che potrebbe aprire nuove prospettive per una governance palestinese unita e rappresentativa.
La questione del disarmo, tradizionalmente un tema tabù, è stata portata sul tavolo dei colloqui in diverse occasioni.
La fonte, pur sottolineando la disponibilità del movimento ad affrontare la questione, evidenzia che tali discussioni si sono svolte e continuano a svolgersi attraverso canali diplomatici con Egitto, Qatar, Turchia e, indirettamente, con gli Stati Uniti.
Si prevede che questa tematica sarà al centro di futuri incontri con funzionari americani, in un contesto di rinnovato interesse internazionale per la stabilizzazione della regione.
Tuttavia, la fonte precisa che ogni accordo in materia di disarmo dovrà essere frutto di un consenso nazionale palestinese, escludendo categoricamente l’intervento diretto di Israele e rifiutando l’imposizione di misure coercitive da parte di forze internazionali, come la Forza di Stabilizzazione, prevista dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Un’azione del genere, secondo Hamas, potrebbe innescare instabilità e caos, compromettendo ulteriormente la situazione.
In sintesi, l’iniziativa riflette una volontà di superare le dicotomie tradizionali e di cercare un approccio più inclusivo e pragmatico per affrontare le sfide future.
Hamas, pertanto, mira a consolidare un accordo di cessate il fuoco duraturo, basato su un ampio consenso interno e sulla collaborazione con i Paesi mediatori e la comunità internazionale, ponendo al centro la ricerca di una soluzione politica sostenibile e condivisa.
Questa trasformazione, se realizzata, potrebbe segnare un punto di svolta nella storia del movimento e nel panorama politico palestinese.








