Un’indagine genetica dirompente, condotta sulla base di materiale biologico precedentemente considerato inaccessibile, offre nuove prospettive sulla complessa figura di Adolf Hitler, interrogando le narrazioni consolidate e aprendo inedite piste di ricerca sulla sua personalità e i suoi disturbi.
Lo studio, al centro del documentario esclusivo “DNA di Hitler: Progetto di un Dittatore”, trasmesso da Channel 4, si avvale dell’expertise della genetista Turi King, dell’Università di Bath, e ha analizzato un campione di tessuto impregnato di sangue, prelevato da un divano del Führerbunker il 30 aprile 1945, subito dopo il suicidio di Hitler.
L’analisi, che ha impiegato tecniche di estrazione e sequenziamento del DNA all’avanguardia, suggerisce la presenza di una predisposizione genetica alla sindrome di Kallmann, una rara patologia che compromette lo sviluppo puberale e la funzione endocrina, con conseguenze significative sulla sfera sessuale e relazionale.
Questa condizione, se confermata con ulteriori studi, potrebbe gettare nuova luce sulla sua presunta mancanza di relazioni significative e sulla percezione di una profonda solitudine che lo caratterizzò.
L’indagine non si limita a questo.
Il team scientifico ha anche affrontato la controversa questione della sua potenziale discendenza ebraica, argomento che ha alimentato speculazioni e teorie cospirative per decenni.
I risultati ottenuti, contrariamente a quanto sostenuto da alcune fonti, escludono l’esistenza di marcatori genetici che possano indicare un’origine ebraica.
Parallelamente all’analisi genetica, il documentario presenta elementi che suggeriscono una potenziale vulnerabilità a disturbi mentali.
Sebbene una diagnosi retroattiva sia intrinsecamente problematica e non possa essere considerata definitiva, l’insieme dei dati raccolti – combinazione di risultati genetici, documentazione storica e testimonianze – lascia presagire possibili disturbi del comportamento e dell’umore, la cui natura esatta rimane oggetto di approfondimento.
L’ottenimento del campione biologico, un’impresa scientifica di notevole difficoltà, rappresenta una svolta nella ricerca storica.
Il frammento di tessuto, precedentemente conservato in archivi militari americani, è stato sottratto dal divano su cui Hitler pose fine alla sua vita, in un momento in cui Berlino era ormai caduta sotto il controllo dell’Armata Rossa.
La sua analisi apre un capitolo inedito nello studio di una delle figure più oscure e nefaste del XX secolo, offrendo, con rigore scientifico, nuove, potenzialmente destabilizzanti, prospettive sulla genesi di un regime totalitario e sulla psiche del suo leader.
Il dibattito, inevitabilmente, si riaprirà.







