Le restrizioni all’esibizione pubblica dei cani si intensificano in Iran, estendendosi a un numero crescente di città e riflettendo una complessa interazione di fattori religiosi, sociali e politici. L’iniziativa, già in atto con una direttiva del 2019 che mirava a Teheran, si è recentemente espansa ad Ilam, una città situata nella regione occidentale del paese, e a ben diciassette ulteriori centri urbani, tra cui le storiche città di Isfahan, fulcro culturale e artistico, e Kerman, situata nel sud.Sebbene l’assenza di una legislazione esplicita che vieti la proprietà di cani in Iran crei una zona grigia legale, il fenomeno del divieto di esposizione pubblica riflette un disagio profondo radicato nelle interpretazioni religiose e nelle dinamiche sociali. L’atto di accarezzare o entrare in contatto con la saliva canina è percepito da molti studiosi islamici come *najis*, un termine arabo che indica una condizione di impurità rituale, un concetto centrale nella pratica religiosa islamica. Questa credenza, tramandata attraverso generazioni, si intreccia con la preoccupazione per l’ordine sociale e la sicurezza pubblica, alimentando una narrativa che vede i cani come elementi perturbatori.Il sentimento anti-canino assume, inoltre, una dimensione ideologica. Per alcuni funzionari governativi, la crescente popolarità dei cani da compagnia, specialmente tra le classi urbane, rappresenta un sintomo dell’influenza della cultura occidentale, percepita come una minaccia all’identità nazionale e ai valori tradizionali. Questa visione alimenta una campagna più ampia, volta a scoraggiare il possesso e l’esibizione pubblica dei cani, attraverso l’implementazione di divieti mirati e l’applicazione di sanzioni amministrative.Tuttavia, la resistenza dei proprietari di cani è palpabile. Nonostante le restrizioni sempre più stringenti, molti continuano a portare a spasso i loro animali domestici nelle città, sfidando apertamente le normative e testimoniando la persistente connessione emotiva tra l’uomo e il suo cane. Questa disobbedienza civile silenziosa rivela una frattura all’interno della società iraniana, tra coloro che aderiscono a interpretazioni più tradizionali e coloro che abbracciano un approccio più progressista nei confronti della convivenza interspecie e dell’apertura verso influenze esterne. Il fenomeno testimonia, in definitiva, la complessità di un paese in costante bilanciamento tra conservazione delle tradizioni e aspirazione al cambiamento.