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L’ornitorinco per Churchill: un regalo segreto tra guerra e scienza.

Nel bel mezzo delle turbolenze della Seconda Guerra Mondiale, un’iniziativa insolita e segreta nacque dalle profondità dell’Australia: l’invio di un ornitorinco a Winston Churchill.
Più che un semplice dono, si trattava di un atto diplomatico audace, un tentativo disperato di consolidare i legami tra il Commonwealth e la Gran Bretagna in un momento cruciale, con il conflitto che si estendeva minaccioso nel Pacifico.
La decisione, sussurrata tra i corridoi del governo australiano, celava un’ambizione complessa: dimostrare la ricchezza biologica e la singolarità del continente, e allo stesso tempo, ingraziarsi un alleato strategico.

L’ornitorinco, creatura enigmatica e simbolo dell’unicità australiana, incarnava un fascino esotico che si presumeva potesse affascinare il primo ministro britannico, noto collezionista di animali rari e curiosità naturali.

Churchill aveva espresso più volte, in conversazioni private, il desiderio di possedere un esemplare di questo mammifero oviparo, una specie che incarnava il mistero e l’esotismo del Nuovo Mondo.
L’operazione, tuttavia, fu condotta con la massima segretezza.
L’esportazione di ornitorinchi era illegale, e il rischio di una gaffe diplomatica era elevato.
Per l’animaletto fu allestito un alloggio speciale a bordo della nave, un micro-ecosistema artificiale progettato per replicare il suo habitat naturale.
Un menù sontuoso, composto da circa cinquantamila vermi e una crema pasticcera a base di uova d’anatra, fu preparato per sostenerlo durante il lungo viaggio.

Un addetto dedicato fu incaricato di monitorare costantemente le sue condizioni, assicurandogli cure e attenzioni costanti per i successivi 45 giorni.
La tragedia colpì durante la traversata transoceanica.
Quando giunse la notizia della morte dell’ornitorinco, si temette un incidente diplomatico di proporzioni considerevoli.

Per evitare imbarazzi e proteggere l’operazione segreta, si diffuse rapidamente la versione di un attacco sottomarino tedesco, sostenendo che uno shock improvviso avrebbe provocato la sua morte.

Una narrazione accuratamente orchestrata per celare la vera causa del decesso.

È solo recentemente, grazie alla meticolosa ricerca di Harrison Croft, un dottorando della Monash University, e del suo team presso l’Università di Sydney, che la verità è finalmente emersa.

Attraverso l’analisi dei diari di bordo dell’addetto all’ornitorinco, è stato rivelato che l’elevata temperatura ambientale, in particolare durante il periodo in cui la nave attraversò la zona equatoriale, fu il fattore determinante.
Le temperature, che superarono i 27 gradi Celsius per circa una settimana, si rivelarono insopportabili per l’animale, superando la soglia critica per la sua sopravvivenza.

Un dettaglio apparentemente minore, ma con conseguenze fatali, che mette in luce la fragilità della creatura di fronte a condizioni ambientali estreme, anche se apparentemente controllate.

La storia dell’ornitorinco di Churchill non è quindi solo una curiosa aneddoto storico, ma anche un ammonimento sulla necessità di comprendere a fondo le esigenze biologiche delle specie che cerchiamo di proteggere e trasferire, anche quando le intenzioni sono nobili e i mezzi apparentemente all’avanguardia.

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