Secondo un’inchiesta del New York Times, le abitudini di Elon Musk, figura controversa e innovativa, sarebbero segnate da un uso problematico di sostanze psicoattive, un aspetto paradossale per un uomo che si è sempre dichiarato contrario all’uso di droghe illegali. Le rivelazioni, che emergono da testimonianze di persone vicine a Musk, dipingono un quadro di un consumo che va ben oltre l’utilizzo occasionale e che ha sollevato serie preoccupazioni tra i suoi collaboratori.Al centro delle accuse vi è la ketamina, un anestetico con proprietà dissociative, il cui utilizzo avrebbe raggiunto frequenze preoccupanti, a volte anche giornaliere. L’uso prolungato, come testimoniato da alcune fonti, ha portato a effetti collaterali viscerali, come disturbi alla vescica, tipici di chi abusa di questa sostanza. Oltre alla ketamina, Musk avrebbe fatto ricorso anche all’ecstasy e a funghi psichedelici, ampliando ulteriormente la gamma di sostanze coinvolte.La complessità della situazione risiede nella sovrapposizione tra un presunto uso terapeutico e una dinamica ricreativa. Musk aveva precedentemente ammesso di utilizzare la ketamina occasionalmente per gestire la depressione, ma le recenti rivelazioni suggeriscono un’escalation nell’intensità e nella frequenza dell’uso. Il biografo Walter Isaacson aveva documentato una certa ambivalenza di Musk riguardo alle droghe, ma l’inchiesta del New York Times mette in luce una realtà più complessa, dove la linea tra gestione del dolore emotivo e dipendenza si fa sempre più sfumata.Le testimonianze raccolte descrivono anche la presenza di un “kit” quotidiano contenente circa venti pillole, tra cui tracce di Adderall, uno stimolante comunemente usato per trattare il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). Questa pratica suggerisce una potenziale dipendenza farmacologica che va oltre l’uso sporadico di sostanze psichedeliche.Le circostanze relative all’uso di queste sostanze durante il periodo in cui Musk ha avuto un ruolo significativo nell’amministrazione Trump rimangono poco chiare, ma la questione solleva interrogativi sulla sua capacità di prendere decisioni e sulla potenziale influenza delle sue abitudini sulla politica.L’indagine del New York Times, se confermata, getterebbe una luce nuova e inquietante sull’uomo dietro le innovazioni tecnologiche, rivelando una fragilità interiore che contrasta con l’immagine pubblica di un leader determinato e visionario. La vicenda apre un dibattito più ampio sulla salute mentale dei leader, sull’uso di farmaci per migliorare le prestazioni e sui rischi di una gestione disordinata della dipendenza, anche per coloro che occupano posizioni di potere e influenza.