La recente escalation delle tensioni tra Perù e Messico, culminata nella rottura dei rapporti diplomatici, trova le sue radici in una situazione politica interna profondamente intricata e in una gestione controversa della giustizia.
Le parole del leader de facto peruviano, José Jerí, pronunciate in un’intervista al quotidiano El Comercio, hanno fornito un’ulteriore, drammatica accelerazione a questo scenario.
L’affermazione esplicita di non precludersi l’ingresso nell’ambasciata messicana, dove l’ex premier Betssy Chávez ha cercato asilo, rappresenta un atto di sfida di portata inaudita, che mette a repentaglio non solo i principi del diritto internazionale, ma anche la stabilità regionale.
L’episodio si inserisce in un contesto di polarizzazione politica, con Chávez accusata di illeciti e condannata a cinque mesi di custodia cautelare, una decisione giudiziaria che il leader peruviano ha evitato di commentare direttamente, limitandosi a rimandare la responsabilità a riflessioni più ampie e ponderate.
La sua retorica, tuttavia, trasmette un messaggio chiaro: la determinazione del governo peruviano a perseguire Chávez è assoluta, e nessun vincolo, né interno né esterno, sembrerebbe in grado di dissuaderlo.
La frase “Io non mi pongo limiti” non è un semplice gesto retorico, ma l’espressione di una visione del potere che trascende i confini della legalità e della diplomazia.
L’ammissione di aver “provato con gesti concreti, che molti non si aspettavano”, suggerisce una strategia deliberata di provocazione, volta a dimostrare forza e a intimidire gli oppositori.
L’evocazione di un’azione decisa, una “mano che non trema”, esprime una volontà di agire senza esitazioni, in una logica che sembra privilegiare l’applicazione della volontà politica al di sopra di ogni altra considerazione.
L’incertezza sulle prossime mosse, la menzione di una riflessione con il primo ministro e il gabinetto, appaiono in questo contesto come un artificio per guadagnare tempo e mascherare una decisione già presa.
L’ambasciata messicana, rifugio consueto per chi cerca protezione diplomatica, rischia ora di diventare il fulcro di un conflitto che potrebbe avere conseguenze imprevedibili.
La questione solleva interrogativi profondi sul rispetto della sovranità nazionale, sull’immunità diplomatica e sul ruolo della giustizia in un contesto politico instabile.
L’atteggiamento del governo peruviano, in aperta sfida alle convenzioni internazionali, rischia di isolare il paese a livello globale e di danneggiare irreparabilmente la sua immagine.
La vicenda Chávez-Jerí diventa così un simbolo di una crisi più ampia, che mette a dura prova i principi fondamentali del diritto internazionale e della convivenza pacifica tra le nazioni.
L’auspicio è che la comunità internazionale sappia intervenire con fermezza per scongiurare un’escalation pericolosa e ripristinare un clima di rispetto reciproco e di dialogo costruttivo.








