venerdì 3 Ottobre 2025
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Salvador: Divieto del linguaggio inclusivo, polemiche in atto.

La recente decisione del governo salvadoregno, guidato dal presidente Nayib Bukele, ha innescato un acceso dibattito sull’identità linguistica e i suoi confini, sollevando questioni complesse riguardanti l’educazione, la libertà di espressione e le politiche identitarie.
Il decreto, formalmente supportato dal Ministero dell’Istruzione e diretto dall’ufficiale militare Karla Trigueros, vieta esplicitamente l’utilizzo del cosiddetto “linguaggio inclusivo” in tutte le istituzioni scolastiche e negli uffici governativi del paese.

La misura, entrata in vigore il 2 ottobre, si presenta come un tentativo di imporre una standardizzazione comunicativa, definita dal governo come “chiara, uniforme e rispettosa”.
Tuttavia, il termine “rispettosa” è intrinsecamente legato all’interpretazione che si dà al concetto di inclusione, un elemento che il decreto si prefigge di escludere.

L’obiettivo dichiarato è quello di evitare “distorsioni linguistiche” che, secondo l’amministrazione Bukele, rimandano a “ideologie gender”.

L’impatto della decisione si estende a tutti i materiali didattici, i contenuti formativi e i libri prodotti o approvati dallo Stato.

In maniera specifica, l’uso di espressioni che tentano di superare il genere grammaticale, come l’utilizzo di forme neutre al plurale, è esplicitamente proibito.
La norma impone, dunque, il ricorso al maschile generico come forma predefinita, relegando di fatto a un secondo piano, o addirittura eliminando, rappresentazioni di identità non conformi alla norma binaria di genere.

Questa decisione non è un evento isolato, ma si inserisce in un contesto più ampio di crescenti tensioni globali riguardo alla rappresentazione linguistica e identitaria.

Si tratta di una scelta politica che, andando oltre la mera questione grammaticale, tocca corde profonde legate alla costruzione sociale del genere, alla percezione della diversità e ai diritti delle minoranze.

L’imposizione di un linguaggio standardizzato solleva interrogativi cruciali: fino a che punto lo Stato può intervenire nella regolamentazione del linguaggio? Qual è il ruolo dell’educazione nella promozione della diversità e dell’inclusione? E, soprattutto, quale impatto avrà questa decisione sulla libertà di espressione e sulla percezione di sé delle nuove generazioni? La vicenda salvadoregna rappresenta un banco di prova per l’equilibrio tra la ricerca di un’identità nazionale coesa e il riconoscimento della pluralità di espressioni identitarie che caratterizzano una società contemporanea.
La sua evoluzione sarà un indicatore significativo delle dinamiche politiche e culturali che stanno plasmando il panorama globale.

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